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Sandro Perito, il presidente di tutti gli italiani

 

A un anno e mezzo dalla scadenza del suo mandato presidenziale Sandro nel consueto discorso i fine anno del 1983 esortava i giovani “Io credo nella nostra gioventù. È molto più sana di quello che pensano certi anziani che stanno con molto sussiego lontano dai giovani o che sono pronti a giudicarli, a dare giudizi del tutto superficiali. È vero, sono esuberanti: e perché non devono essere esuberanti alla loro età? Vorrei essere io esuberante, vorrei avere io la loro età, la loro giovinezza che è un bene prezioso, che io ho trascorso in carcere nella rinuncia e che avrei voluto vivere in tutta la sua pienezza. Hanno diritto i giovani di vivere gioiosamente e di guardare con tranquillità al loro domani”. A 32 anni dalla sua morte chiamarlo per nome è ancora un modo per sentirlo vicino come lui stesso voleva rivolgendosi ai giovani dicendo “Ecco quello che io dico ai giovani, senza presunzione, quasi fossi un loro compagno di strada”. Il presidente di tutti, così lui voleva essere e così fu. Nasce a Stella in provincia di Savona nel 1896 da una famiglia benestante proprietaria terriera. Il padre Alberto Pertini muore giovane a soli 55 anni quando Pertini ha soli 12 anni. Frequenta nei primi anni di studio gli ambienti Salesiani a Varazze e poi al liceo di Savona incontra il professore Baratono, la figura che lo fece avvicinare agli ambienti socialista. Pertini conservò nella sua memoria un insegnamento importante del suo insegnante per la sua militanza “Se non vuoi mai smarrire la strada giusta resta sempre a fianco della classe lavoratrice nei giorni di sole e nei giorni di tempesta”. Nel 1914. Si iscrive all’Università di Genova alla Facoltà di Giurisprudenza ma la grande guerra interrompe i suoi studi e nel 1915 viene richiamato al fronte. Sull’Isonzo avviene il suo battesimo del fuoco e nel 1917 viene messo al comando i un’unità di mitraglieri di Brescia nonostante il suo iniziale rifiuto di seguire il percorso di formazione per diventare ufficiale, come molti socialisti si erano rifiutati di intraprendere. Solo nel 1918, a guerra terminata, si iscrive al partito Socialista Italiano a Savona. Pertini fu profondamente scosso dall’omicidio di Giacomo Matteotti, in una lettera ad una esponente di uno dei diversi partiti socialisti formatosi dalle fratture del PSI scrisse: “Ho la mano che mi trema, non so se per il “grande dolore” e della “troppa ira” per il grave fatto avvenuto al deputato Matteotti”. Così nel 1924 aderì al Partito Socialista Unitario formato pochi anni prima da Turati.

Dal confino alla costituente

Nel maggio del 1925 incominciano le dure vicissitudini della sua esperienza sotto il regime fascista che tra il 1925 e il 1926 aveva di fatto epurato dalla scena politica i partiti politici italiani. Viene arrestato per un manifesto che recava il titolo “Sotto il barbaro dominio fascista” e il 3 giugno condannato a 8 mesi di reclusione. L’anno a seguire viene condannato al confino ma la sua avventurosa vita lo porta prima a Milano ad organizzare la fuga di Turati in Francia e poi a espatriare anch’egli in Francia. Svolgerà mansioni umili come quella di muratore. Il 20 marzo del 1929, rientrato in Italia con l’espediente di un passaporto falso, continuerà la sua militanza politica clandestina fino al 14 aprile. A Pisa viene catturato dalla polizia fascista ed arrestato. Porato prima al carcere di S. Stefano sull’isola di Ventotene e poi trasferito al carcere di Turi. Qui incontra Antonio Gramsci e con lui stringe una sincera e affettuosa amicizia. Sarà solo con la caduta del fascismo nel 1943 a terminare il suo soggiorno carcerario. È da questa data che Pertini incomincia a prendere parte attiva alle decisioni della giunta militare del CLN ma a distanza di pochi mesi viene arrestato dai nazi-fascisti e condannato a morte. Internato nel carcere di Regina Coeli a Roma ne evaderà assieme ad altri carcerati politici agli inizi del 1945, il 25 gennaio. La sua evasione fu dovuta ad una coraggiosa e audace azione dei partigiani della Brigata Matteotti. Fu partecipe della liberazione di Firenze ma fu il 25 aprile del 1945 che dalla sua voce alla radio si diede il proclama dello sciopero nazionale ed insurrezionale della città di Milano “Cittadini, lavoratori! Sciopero generale contro l’occupazione tedesca, contro la guerra fascista, per la salvezza delle nostre terre, delle nostre case, delle nostre officine. Come a Genova e a Torino, ponete i tedeschi di fronte al dilemma: arrendersi o perire”. Il proclama fu da lui letto in quanto divenuto comandante militare del CLN. Dopo la liberazione dell’Italia dall’occupazione nazista e la fine della Repubblica Sociale Italiana, Pertini prese parte alla Costituente che dando voce alla nuova Repubblica Italiana nata dalle ceneri della guerra.

Gli anni della presidenza Pertini

Negli anni del dopoguerra svolse la sua attività parlamentare sempre con massima dedizione e spinto da una passione politica viva e autentica. Fu però sicuramente molto apprezzato e amato dalla maggioranza degli italiani quando venne eletto Presidente della Repubblica nel 1978. La votazione che lo portò al Quirinale l’8 luglio fu la votazione con il maggior consenso nella storia repubblicana. L’82% del parlamento scelse il suo nome per metterlo nell’urna al 16° scrutinio, 832 voti su 995. Pertini fu un presidente che nel suo settennato riuscì ad entrare nelle grazie degli italiani presentando la faccia della politica italiana più vivace schietta e onesta. Ad un’intervista al grande giornalista Enzo Biagi che chiedeva a Pertini come voleva essere ricordato lui rispondeva “come uomo che è sempre stato sincero, che ha pagato sempre i suoi errori, che ne ha commessi e che ha amato molto il popolo italiano e i giovani”. Pertini entrò nelle case italiane attraverso la televisione e grazie alla sua indiscutibile umanità nell’interpretare il suo ruolo di “capo della famiglia degli italiani”. Storiche furono le immagini che lo riprendevano sull’aereo di ritorno dalla vittoria italiana al mondiale di calcio in Spagna nell’82, il suo arrivo alla stazione di Bologna dopo l’attentato terroristico del 2 agosto 1980, la sua denuncia sui ritardi degli aiuti ai terremotati dell’Irpinia e dalle mani poste in doloroso e attonito gesto di affetto alla bara di Enrico Berlinguer. Pertini finì il suo mandato presidenziale nel 1985 e il suo successore fu Francesco Cossiga. Pertini morì pochi anni dopo nel 24 febbraio del 1990 a 93 anni ma con la sua morte non finì il sincero affetto che molti italiani gli dimostrarono durante il suo periodo presidenziale.

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