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Palmiro Togliatti, il migliore

Nel 1964 sulle rive di uno dei fiumi piu importati della Russia, il Volga, c’è una città che nemmeno il crollo del muro di Berlino, molti anni dopo, riuscirà a cambiarne il nome, Togliatti. In Italia tutti la chiamano erroneamente Togliattigrad ma per i russi il suo nome è solo Togliatti. Quella città rappresenta quell’intimo rapporto tra il più grande dirigente del PCI e le principali nomenclature sovietiche di quegli anni. Palmiro Togliatti è nei fatti il ponte che sorregge la via politica che conduce da Roma a Mosca unendo la prima con la terza delle Rome.  Dietro gli occhiali che austeri si appoggiano sul suo naso c’è la capacità di chi sa annusare i tempi della politica e i suoi più grandi cambiamenti, un uomo che è stato protagonista di un’epoca travagliata della politica italiana. Togliatti proviene da una famiglia piemontese, piccolo borghese e cattolica, lo stesso nome Palmiro è un richiamo alla Domenica delle Palme. La sua serena adolescenza fu rotta dalla morte del padre che comportò un cambio delle condizioni di vita della famiglia Togliatti. Furono le difficoltà economiche dovute alla mancanza del padre che spinsero nel 1911 Palmiro e la sorella a studiare per passare gli esami per il conseguimento di una delle 56 borse di studio messe a disposizione dal Collegio Carlo Alberto. Arrivato secondo nella classifica del Collegio Carlo Alberto ottenne, assieme alla sorella, la borsa di studio necessaria alla continuazione dei suoi studi universitari. Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza su pressione dei familiari nonostante i suoi interessi erano diretti verso gli studi filosofici. Qui tra le aule universitarie incontrò Antonio Gramsci, anch’esso vincitore di una delle borse di studio del Collegio Carlo Alberto. Gli anni convulsi della giovinezza lo portarono prima ad iscriversi al Partito Socialista e a scrivere sull’Avanti, il giornale del partito, nel 1917 e successivamente a fondare, proprio con Gramsci e altri compagni di università, un giornale vicino alle posizioni leniniste, L’Ordine Nuovo nel 1919. In breve tempo dalla fondazione del giornale questo giovane gruppo assieme ad altri critici appartenenti al partito socialista fu il fondatore del Partito Comunista in Italia, scissosi dal PSI nello storico congresso di Livorno del 1921.

Dall’avvento del fascismo alla prima repubblica

In quel complesso periodo che segue la fine del primo conflitto mondiale Togliatti è intimo testimone. La nascita del PCI coincide con la nascita del Partito Nazionale Fascista di Benito Musolini. Entrambe le realtà sono figlie dei tempi e Togliatti vivrà i soprusi e le violenze fasciste in prima persona. Nella stessa giornata della marcia su Roma Togliatti rischia il pestaggio, riesce a fuggire dalla distruzione che una squadraccia fascista porta tra le sale della tipografia dove veniva stampato il giornale “Il Comunista”. La sua attività politica diventa sempre più rischiosa e nel 1926 a seguito di minacce di morte da parte dei fascisti scappò a Mosca. Poco prima di fuggire dall’Italia venne nominato rappresentante del PCI presso l’Esecutivo del Comintern. Per 18 anni non tornò più in Italia. La sua attività politica a Mosca lo portò sempre più vicino alle posizioni staliniane e dopo l’arresto di nel Gramsci nel 1926 assunse la guida del partito. Il suo rientro in Italia avvenne a seguito dello sbarco alleato in Sicilia nel 1943. Una volta rientrato in patria la sua prima e più importante azione politica fu la così detta “svolta di Salerno”. Togliatti aveva intuito che per riuscire a sconfiggere il fascismo e liberare l’Italia dall’occupazione nazista si doveva dare un nuovo corso politico al PCI. Accantonata momentaneamente la questione istituzionale e riconosciuto il governo monarchico di Badoglio l’azione politica di Togliatti divenne protagonista all’interno del Comitato di Liberazione Nazionale che comprendeva tutti i partiti antifascisti italiani. Togliatti fu tra chi promosse la necessità, dopo il termine della liberazione italiana, di indire un referendum popolare per la scelta tra Repubblica e Monarchia. Divenuto ministro già sotto il governo Badoglio mantenne un dicastero anche sotto i primi governi repubblicani. Nominato ministro della giustizia sotto il governo De Gasperi promosse un’amnistia generale che potesse garantire la riappacificazione del popolo italiano segnato dalla guerra civile degli ultimi anni di guerra, la così detta “amnistia Togliatti”. Fu questa scelta ad inaugurare la nuova linea politica che prevedeva un PCI volto ad accogliere la totalità della realtà sociale italiana.

 

L’attentato e l’eredità politica

Fu togliattiana l’idea della creazione di un “partito nuovo”. Con l’idea di dare una “via italiana al socialismo” Togliatti dava un nuovo indirizzo politico al partito. Il fondamento ideologico che faceva da perno a questo nuovo percorso politico era il superamento degli interessi di campo. Il PCI doveva trasformarsi in un partito che avesse come soggetto politico non più una specifica classe ma riuscisse a rappresentare una più vasta area sociale. Togliatti rinunciava ad ogni scorciatoia rivoluzionaria, in contrapposizione con l’ala rivoluzionaria di Pietro Secchia, accettando la via democratica come strumento per raggiungere gli obbiettivi politici del partito. Togliatti improntava questa sua strategia politica nella convinzione che il panorama mondiale non avesse creato polarizzazioni esasperate tra i vincitori del conflitto mondiale. L’avvento della Guerra Fredda vanificò questa convinzione e condizionò fortemente le politiche del PCI, escludendolo di fatto dalla possibilità di governare direttamente il paese. Lo stretto rapporto con il PCUS e i risvolti internazionali che tale legame comportava portarono il PCI a rompere il PSI a seguito dell’appoggio di Togliatti all’invasione sovietica a seguito della rivolta del 1956 in Ungheria e alle ricadute di politica interna che tale posizione comportò. Togliatti fu vittima il 14 luglio 1948 di un attentato. Colpito da 3 proiettili sparati dall’estremista di destra Antonio Pallante, vicino al partito di Guglielmo Giannini “Il fronte dell’uomo qualunque”, Togliatti si salvò miracolosamente. In quelle drammatiche ore l’Italia rischiò di sprofondare in una nuova guerra civile. In molte città manifestazioni dei militanti e degli ex partigiani comunisti furono a fatica controllate. Fu solo l’appello dello stesso Togliatti ripresosi dall’intervento d’urgenza e ancora provato dall’accaduto a fermare gli scontri. Un ictus nel 1964 mentre si trovava in vacanza sul Mar Nero assieme alla compagna Nilde Iotti stroncò l’allora 71enne segretario del PCI. Era in Unione Sovietica per discutere sulle posizioni di politica estera intraprese dai dirigenti sovietici. Critico soprattutto sulle posizioni prese da Chruščёv sui rapporti con il partito comunista cinese, proponeva una rappacificazione tra i due paesi che avevano intrapreso la via del socialismo. Ai suoi funerali, il 25 agosto del ‘64, a Roma parteciparono più di un milione di persone. L’eredità politica venne presa dall’allora giovane delfino del segretario, Enrico Berlinguer. Palmiro Togliatti fu di fatto un uomo a cavallo tra due mondi che si poneva come elemento di mitigazione tra quei blocchi così fortemente contrapposti.

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