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Proteste a Sweida: Il Popolo siriano, portato allo stremo, ripudia al-Assad

Per una seconda settimana, i manifestanti sono usciti a Sweida, nel sud-ovest della Siria, per esprimere la loro rabbia contro il governo, con la bandiera drusa che sventola sopra i manifestanti e gli striscioni del presidente Bashar al-Assad che vengono incendiati.

Le proteste continuano per una seconda settimana a Sweida, controllata dal governo, con i manifestanti che bruciano striscioni del presidente al-Assad, i manifestanti hanno fatto irruzione in diversi uffici appartenenti al partito Baath al potere nella roccaforte drusa, cacciando i membri del partito dai loro uffici, saldando le porte e spruzzando slogan anti-governativi sulle pareti.

Le ragioni della protesta

Le proteste sono state inizialmente guidate dall’impennata dell’inflazione e dal peggioramento dell’economia del paese devastato dalla guerra, ma hanno rapidamente mutato il proprio bersaglio, con i manifestanti che ora pretendono la caduta del governo al-Assad.

Nella provincia controllata dal governo di Sweida, il cuore del Druso siriano che era rimasto neutrale nel conflitto tra al-Assad e i suoi oppositori, le proteste nella regione sarebbero un fenomeno inedito, la goccia che ha fatto traboccare il vaso sarebbe arrivata quando al-Assad ridimensionò ulteriormente il programma di sussidi per il carburante e la benzina del paese.

I salari e le pensioni del settore pubblico, già magri, sono stati raddoppiati in concomitanza alla diminuzione dell’entità dei sussidi, ma ciò avrebbe solo accelerato l’inflazione e indebolito ulteriormente la sterlina siriana, aumentando la pressione su milioni di persone che già vivevano in estrema povertà.

Poco dopo si sarebbero infiammate le proteste a Sweida e nella vicina provincia di Deraa, la culla della rivoluzione siriana, le folle si sarebbero rapidamente gonfiate, denunciando la repressione da parte del governo di al-Assad, un’eco delle proteste che hanno scosso il paese nel 2011.

Le regioni interessate dalle proteste

Centinaia di manifestanti si sarebbero radunati nel nord di Aleppo e Idlib, nel nord-ovest, e Deir Az Zor, Raqqa e Hassakeh nel nord-est.

Malumori si registrerebbero anche nelle storiche roccaforti governative a Damasco, Latakia e Tartous, sebbene in una misura più pacifica, in quanto toccati meno dall’ombra della crisi siriana

Le condizioni del popolo siriano

A dispetto del prestigio che il presidente Al-Assad starebbe acquisendo negli ultimi mesi a livello internazionale, le condizioni di vita di gran parte del popolo siriano rasentano sempre di più la miseria, condizione che non parrebbe interessare granché l’amministrazione Assad.

Almeno 300.000 civili sono stati uccisi nel conflitto, metà della popolazione siriana è stata sfollata e gran parte delle infrastrutture è stata paralizzata.

Il 90% dei siriani vive in povertà, mentre la corruzione dilagante e le sanzioni guidate dall’Occidente avrebbero ulteriormente aggravato le condizioni di vita delle classi meno abbienti.

A Damasco, alcuni avrebbero iniziato a portare zaini invece di portafogli per portare le quantità di denaro minime di cui avrebbero bisogno per fare acquisti quotidiani in mezzo all‘inflazione dilagante, mentre le famiglie lottano per comprare le necessità più basiche.

La risposta delle autorità alle legittime proteste

Le proteste avrebbero “scosso” il governo di al-Assad, ma non sembrerebbero rappresentare una minaccia esistenziale, arrivando in un momento in cui le forze governative hanno consolidato il loro controllo sulla maggior parte del paese, e Damasco è tornata all’ovile arabo.

Nel Deraa controllato dal governo, almeno 57 persone sono state arrestate, secondo la delegazione siriana per i diritti umani con sede nel Regno Unito, a differenza che nel 2011, le forze governative non avrebbero ceduto all’uso della forza letale.

A Sweida, la risposta è stata più contenuta, con al-Assad che apparentemente non intenderebbe fare uso della forza contro i drusi. Durante gli anni di guerra infatti, il suo governo si presentò come un difensore delle minoranze religiose contro l'”estremismo islamista”.

Nel corso degli anni, i giovani della provincia si sarebbero anche armati per difendere i loro villaggi dai combattenti dell‘ISIL (ISIS) e dalle milizie associate a Damasco che producono e commerciano pillole di anfetamine illegali, conosciute come Captagon.

Joseph Daher, ricercatore svizzero-siriano e professore all‘Istituto universitario europeo di Firenze, ritiene che questo contesto fornisca uno strato di protezione ulteriore per i manifestanti.

 “A differenza di altre aree controllate dal governo, Sweida ha una qualche forma di autonomia limitata”, ha detto Daher.

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