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Il partito della trattativa

A cavallo tra gli anni ’70 ed ’80 la situazione politica italiana è complessa e le principali criticità si riscontrano sul piano interno. L’onda lunga del movimento del 68 si è praticamente esaurito e i fratelli piu piccoli, cresciuti nella sempre maggiore tensione sociale, intraprendono scelte sempre piu drastiche e drammatiche. Una frase spiega bene il clima politico tra i gruppi di estrema sinistra che animano il periodo “Non è il ‘68 è il ’77, non abbiamo passato né futuro, la storia ci uccide”. Il partito Socialista ha eletto un anno prima a Roma il nuovo segretario, Bettino Craxi. Le linea politica del PSI nei confronti dei movimenti extraparlamentari di sinistra si è fatta sempre piu critica, il nuovo segretario è sempre stato fortemente critico al radicalismo eccessivo dei movimenti degli anni Sessanta e Settanta in alcuni discorsi pubblici, come in occasione dell’omicidio del poliziotto Antonio Annarumma nel 1969. Fu proprio nel 1977 che il figlio dell’ormai ex segretario nazionale Di Martino, Guido Di Martino viene rapito dalle BR a Napoli il 5 aprile. Sarà lo stesso Guido Di Martino a raccontare il fatto e a darne una motivazione in un intervista “L’unica ragione, non solo logica, ma come risultante delle indagini giudiziarie, è che mi avevano preso per colpire mio padre per il suo indirizzo politico che tendeva ad associare insieme alla Dc e al Psi le masse popolari e lavoratrici, rappresentate dal Pci, nella direzione politica e di governo del paese”. Sarà in questo clima che l’anno successivo avverrà il rapimento Moro, il 16 marzo 1978.

Considerazioni sulle ripercussioni del sequestro

La posizione politica a seguito della richiesta di uno scambio di prigionieri richiesto dopo il sequestro Moro dalle BR ebbe il polarizzarsi di due nette e contrapposte posizioni. Due erano i raggruppamenti di pensiero, mossi da motivazioni differenti ma concordi sul tenere una condotta comune e una visione ben distinta sui fatti e sulle ripercussioni politiche che le proprie posizioni potevano comportare sul futuro del paese. Una prima posizione era quella del partito della “fermezza” che presentava al suo interno forze agli antipodi del panorama politico ma concordi sull’evitare qualsiasi trattativa e auspicava la liberazione di Moro tramite un azione militare, questo fronte era composto da: DC , dal PSDI, dal PLI, dal PRI ma anche dal PCI e dall’MSI. L’altro partito era quello “della trattativa” con alla testa il PSI di Craxi e assieme al Partito Radicale e molte aree della sinistra non legata al PCI e ambienti cattolici di orientamento progressista. Craxi era mosso da un profondo senso di umanità nei confronti di Moro. Lo stesso Moro si rivolgerà a Craxi, attraverso le lettere che i brigatisti gli lasciavano scrivere per poter far sentire la sua voce anche se prigioniero, esortandolo a continuare a trovare un modo per procedere alle trattative per la sua liberazione. Nel perorare la causa della trattativa Craxi intravedeva anche un opportunità politica. Le intenzioni di Craxi e del suo attivismo furono legate alla convinzione che con tale scelta avrebbe permesso la rottura tra DC e PCI, vista dal segretario del PSI come una minaccia all’esistenza stessa dei Socialisti.

La trattativa fallita

Diverse furono le trattative portate avanti per liberare Moro quella del Partito Socialista aveva due differenti ambiti di azione, il dialogo con i brigatisti sotto processo a Torino e tramite gli ambienti della sinistra extraparlamentare limitrofi alle BR. Craxi andò a parlare con Giannino Guiso, l’avvocato che difendeva parecchi brigadisti durante il processo di Torino, per poter mettersi in contatto con uno dei capi storici delle BR , Renato Curcio. Fu proprio Curcio a suggerire di “dialettizzarsi con Moro” direttamente, intendendo consigliare a Craxi di poter usare Moro e le sue lettere come uno strumento utile a parlare con i sequestratori delle BR. Un altro fondamentale apporto fu dato dai settori dell’Autonomia, quell’insieme vario che rappresentava i non allineati coloro che si rifacevano al motto “né con lo Stato né con le BR”. Tramite il deputato del PSI Signorile si aprì un canale di comunicazione con due esponenti dell’autonomia Franco Piperno e Lanfranco Pace. Pace aveva militato per un breve periodo nelle BR mentre Franco Piperno fu uno dei fondatori nel 1969 di Potere Operaio. Ci furono differenti incontri e tramite Pace venne aperto un canale di comunicazione con le BR per riuscire a trovare argomenti validi per una trattativa. Si tentò di trovare un accordo in base al quale tramite la liberazione di Paola Besuschio, brigatista di secondo piano mai macchiatasi di crimini di sangue, poteva essere liberato Moro. Tale trattativa sfumerà ritenuta dalle stesse BR “fumosa e inappropriata”. Gli sforzi del PSI e in particolare di Craxi non vennero premiati. Moro venne ucciso il 9 maggio 1978. Craxi che si era speso con grande energia per la causa manifestò dubbi sulla indipendenza di azione delle BR. Proprio durante il sequestro aveva affermato “Il terrorismo nostrano non si è addestrato nel cortile sotto casa: questo terrorismo è andato a scuola”. Maturo ,senza mai poter provare con certezza, l’idea che dietro le BR si celassero legami con apparati sovietici e in particolare vicini alla Cecoslovacchia.

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