Le proteste sono iniziate il mese scorso come conseguenza al tentativo dell’ex presidente Pedro Castillo, il primo leader peruviano di origini rurali andine, di sciogliere il Congresso, tentativo che è costato al presidente lo stato di arresto e l’incarcerazione. Ad oggi il bilancio delle vittime per i disordini di Lima conta 55 persone.
Pausa per la cultura Peruviana
Le proteste antigovernative iniziate il mese scorso in Perù hanno investito ormai ancheil settore culturale peruviano, a Machu Picchu infatti, la cittadella Inca e popolare sito turistico, è stata chiusa a tempo indeterminato “per proteggere la sicurezza dei turisti e della popolazione in generale”. secondo quanto riportato dal ministero della cultura a Lima.
La chiusura del più importante sito archeologico del Perù ha causato non pochi disagi a più di 400 turisti, di cui circa 300 stranieri, ritrovatisi bloccati nel sito. Il servizio ferroviario per il Machu Picchu infatti è stato sospeso da giovedì a causa di danno ingente all’intera linea ferroviaria.
I manifestanti invitano alla “Guerra Civile”
“Non siamo uno, ora siamo due, ora siamo tutti, in una sola voce!” hanno esclamato i manifestanti andini di Puno, Cusco e Andahuaylas durante una mobilitazione pomeridiana sotto un sole cocente… e ancora “Guerra civile ora!”
Nella giornata di Lunedì un corteo di manifestanti ha sfilato, in maniera pacifica questo va detto, per le strade di Lima; prima dell’intervento delle forze dell’ordine e la conseguente dispersione della folla mediante l’uso di gas lacrimogeni, i manifestanti hanno avanzato in realtà una sola pretesa, le dimissioni del presidente Dina Boluarte, lo scioglimento del Congresso e le conseguenti elezioni anticipate; una disperata richiesta, infondo, di esercitare il proprio diritto democratico di eleggere i propri leader, ma andiamo per ordine.
La Fragilità del Perù
Dopo sei presidenze in cinque anni, la crisi attuale, nella quale il Potere Esecutivo e quello Legislativo si sono misurati con forze che sono sfociate in denunce o colpi di stato, ha danneggiato fortemente il sistema democratico peruviano. “L’unica forza a disposizione di Dina Boluarte per un governo di transizione è proprio la forza della repressione”, commenta la politica peruviana e sociologa Indira Huilca.
“Il regime di Dina Boluarte, il Congresso, il Potere Giudiziario e il Pubblico Ministero dispongono di un’azione articolata e di una stessa lettura che viene interpretata, da parte dei settori della destra tradizionale (potere economico e mediatico), come la necessità di restaurare il potere dopo aver perso le elezioni del 2021 contro un Pedro Castillo che rappresentava, all’interno della politica e della società, quei settori della popolazione, principalmente delle province del paese, insoddisfatti del modello economico e sociale che avrebbe dovuto portare pace e sviluppo.”
Chi è Dina, l’attuale Presidente del Perù
Dina Ercilia Boluarte Zegarra, classe 1962, è una politica e avvocatessa peruviana, prima donna a ricoprire la carica di Presidente del Perù, era stata precedentemente eletta vicepresidente nelle elezioni del 2021. È stata inoltre ministra dello Sviluppo e Inclusione Sociale tra il luglio 2021 e il novembre 2022; nonché funzionaria del RENIEC (Anagrafe Nazionale) dal 2007 al 2022.
Nel dicembre 2022, durante la crisi politica peruviana, quando Pedro Castillo ha tentato di sciogliere il Congresso della Repubblica del Perù durante il procedimento di impeachment contro di lui, Boluarte ha condannato il tentativo come una “rottura dell’ordine costituzionale” e ha assunto la presidenza dopo la destituzione e la tentata fuga di Castillo.
Chi è Pedro Castillo, l’ex Presidente del Perù
Ex insegnante e sindacalista peruviano, Pedro Castillo è stato eletto presidente del Perù nelle elezioni del 2021. Outsider in piena regola Castillo non aveva mai ricoperto incarichi pubblici di particolare prestigio, poco conosciuto nelle cerchie politiche di Lima il sindacalista attirò rapidamente su di se le speranze di un Perù in ginocchio.
Come da copione Pedro Castillo si sarebbe presentato al popolo peruviano come un umile cittadino stanco della classe dirigente in grado, a detta sua, di sopportare il “peso della corona”. Alcuni penserebbero che si potrebbe scrivere un programma elettorale per un Paese senza sapere quale sia e questo sarebbe ugualmente valido, di certo è stato il caso di Castillo.
Una sequenza infinita di cliché demagoghi, dalla feroce lotta alla corruzione, all’aumento dei salari, dall’incremento dei fondi a istruzione e sanità al gonfiamento delle pensioni, un pacchetto di proposte che, ovviamente, hanno fatto gola ad una società, quella peruviana, in ginocchio ormai da anni
Castillo infine vinse la sua battaglia con un margine davvero stretto, un 50,13% contro il 49,87% del suo avversario Keiko Fujimori. La sua elezione ha suscitato polemiche e controversie, si arrivò in realtà a parlare di brogli elettorali. Nonostante ciò, ha assunto la carica di presidente il 28 luglio 2021, carica terminata lo scorso 7 dicembre 2022 a causa delle numerose accuse di corruzione, il conseguente impeachment e il tentativo disperato per Castillo di sciogliere il Congresso altresì chiamato a decidere del suo futuro politico.
Il futuro del Perù è incerto, lo stato democratico e quello sociale sono minacciati da instabilità e crisi che minano le radici stesse delle istituzioni peruviane, fenomeno che è in realtà un semplice riflesso dell’enorme divario tra la capitale e le province impoverite che hanno sostenuto Castillo, di origine indigena, nelle elezioni del 2021.