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A che punto è l’Italia con il Pnrr?

È fissata al 31 dicembre la deadline per portare a compimento i 55 obiettivi che sbloccheranno i fondi europei del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Il governo Draghi ne aveva lasciati in dote 25 completati e la maggior parte avviati, ma si è aperta in questi giorni la polemica sui ritardi e sulla possibilità di non riuscire a portarli a termine tutti.

Già prima del suo insediamento, Meloni aveva messo le mani avanti sul raggiungimento di tutti gli obiettivi previsti dal Pnrr per il 2022. Poi, per più di un mese, l’attenzione è stata calamitata altrove: il decreto contro i rave-party, il caso dell’Ocean Viking e lo strappo con la Francia, la manovra finanziaria. Ora che la bozza della legge di bilancio è pronta, anche a causa delle critiche che essa ha ricevuto, è tornata alla ribalta la polemica sul Piano nazionale di Ripresa e Resilienza.

In campagna elettorale Meloni aveva spinto molto sulla possibilità di reindirizzarne gli investimenti e rivederne l’impianto; nel passaggio dall’esecutivo Draghi a quello di centro-destra più voci si erano levate per lamentare ritardi inesistenti – anzi, era stato certificato dall’Unione Europea che l’Italia era in anticipo sui tempi. Ora quelle polemiche si sono riaperte: da un lato ci sono le misure previste dalla legge di bilancio in materia di digitalizzazione dei pagamenti e lotta all’evasione fiscale, che vanno contro gli stessi principi del Pnrr; dall’altro, i corposi ritardi che mettono a rischio la terza tranche da 19 miliardi legata al raggiungimento di tutti i 55 obiettivi fissati per il 31 dicembre 2022.

A ventidue giorni da quella scadenza, a che punto è l’Italia? Abbiamo provato a rispondere analizzando i dati forniti dall’Osservatorio PNRR de «Il Sole 24 Ore».

Gli obiettivi raggiunti dal governo Draghi

Come si accennava prima, il governo Draghi ha lasciato una buonissima eredità a Meloni. Al 20 ottobre, infatti, ventuno obiettivi erano già stati raggiunti, undici erano molto vicini alla realizzazione, ventuno erano in linea con il cronoprogramma e solo due erano in ritardo. Stupisce allora leggere che, secondo i dati de «Il Sole 24 Ore» aggiornati al 5 dicembre, siano stati completati solo trenta obiettivi – ci si aspettava fossero almeno trentadue. È vero che la preparazione e la scrittura della legge di bilancio hanno assorbito molto tempo ed energie, ma questa non può essere una scusante per mettere a rischio gli ingenti – e gratuiti – aiuti economici previsti dal Pnrr.

Nello specifico, l’esecutivo Draghi aveva portato a termine tutti gli obiettivi previsti per i Ministeri (useremo le vecchie denominazioni) dell’Interno, del Turismo, della Giustizia, degli Affari regionali; ben oltre la metà, invece, quelli riguardanti le Infrastrutture (tre completati, uno in stato avanzato e uno in linea), l’Università e Ricerca (uno completato, uno in stato avanzato e uno in linea) e l’Istruzione (uno completato e uno in linea). Solo quattro (su nove, gli altri cinque sono in linea con i tempi) quelli completati riguardanti la Transizione ecologica e due (su dieci) quelli dell’Innovazione tecnologica (degli altri otto, quattro sono in stato avanzato e quattro in linea).

Un’eredità meno rosea è stata lasciata, invece, in altri settori. Per il Ministero del Lavoro, è stato raggiunto un obiettivo su quattro, ma gli altri tre sono in linea. Ancora nessun obiettivo centrato, invece, per i Ministeri della Salute (due obiettivi su due non completati, ma in linea), dell’Economia e Finanze (quattro obiettivi, due in stato avanzato e due in linea), della Pubblica Amministrazione (uno solo e in stato avanzato), del Sud e coesione territoriale (uno, in linea), delle Pari opportunità e Famiglia (uno, vicino al raggiungimento), delle Politiche agricole e forestali (un obiettivo vicino e uno in linea).

Ciò che realmente preoccupa è la situazione delle misure riguardanti la Presidenza del Consiglio: solo un obiettivo raggiunto e due in ritardo. Proprio quelli che, si teme, non verranno completati: l’«entrata in vigore di tutti gli investimenti attuativi» per l’«attuazione e applicazione delle misure derivanti dalla legge annuale sulla concorrenza 2021» e l’«entrata in vigore di tutti gli strumenti attuativi e di diritto derivato in materia di energia». Su quest’ultimo, ovviamente, pesa, e non poco, la crisi energetica causata dal contesto internazionale.

Gli obiettivi raggiunti dal governo Meloni

Questo, quindi, il quadro generale che il governo si è trovato in mano al momento dell’insediamento. E, da quel giorno, nove obiettivi sono stati completati. Il nuovo esecutivo, infatti, è riuscito a portare a termine tutti gli obiettivi delle Pari opportunità, del Sud e coesione territoriale, della Pubblica Amministrazione (ex ministeri che oggi sono riuniti sotto le competenze della Presidenza del Consiglio), uno su due della Salute, uno su due rimanenti delle Infrastrutture, tre dell’Economia, due dell’Innovazione tecnologica (anche questo oggi sotto la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento trasformazione digitale). Il conto è dieci, certo, ma tra i nuovi dati rilevati c’è una discrasia con quelli di fine ottobre: non più 4 obiettivi raggiunti dal Ministero della Transizione ecologica (oggi dell’Ambiente), ma solo 3. Il totale, dunque, è di 30 obiettivi raggiunti.

Da segnalare è che non tutti gli obiettivi raggiunti erano già in stato avanzato. La tabella dei dati aggiornati al 5 dicembre riportata da «Il Sole 24 Ore» non li specifica, ma confrontandola con i grafici relativi a ottobre, si può osservare che sicuramente tre di questi dieci obiettivi erano in linea con le tempistiche, mentre probabilmente erano sette quelli in fase di completamento.

Gli obiettivi ancora da raggiungere

Il governo, dunque, si ritrova a dover completare 25 obiettivi in poco più di venti giorni, più di uno al giorno. Come si è già accennato, la situazione più grave è quella della piena attuazione della legge sulla concorrenza.

Altrettanto preoccupante è il bilancio dei pacchetti riferiti al Ministero dell’Ambiente e al Dipartimento della trasformazione digitale. E se è vero che questi avevano il numero maggiore di scadenze da rispettare, rispettivamente nove e dieci (a testimonianza di quanto l’Italia fosse indietro in materia di digitalizzazione, informatizzazione e green economy), è altrettanto vero che nessuno dei due è andato oltre il 50%: rimangono, infatti, sei obiettivi ciascuno da completare.

È poi rimasta invariata la situazione al Ministero del Lavoro, che dovrà correre per rispettare le scadenze, all’Agricoltura (ex Politiche agricole, l’unico che ancora non ha centrato nemmeno un obiettivo), all’Università e ricerca e all’Istruzione e merito. Al Mef, al Mit e alla Salute, infine, un obiettivo a testa.

Insomma, lavoro da fare per ricevere i quasi 20 miliardi stanziati dall’Europa ce n’è moltissimo, per il governo, di qui a fine anno. Senza contare che la discussione parlamentare per l’approvazione della legge di bilancio è appena entrata nel vivo – sono stati più di 3.000 gli emendamenti presentati dall’arco parlamentare.

Meloni ha già annunciato di essere disposta a lavorare anche a Natale, se ce ne fosse bisogno, per evitare l’esercizio provvisorio. Forse, però, non basterà, se si vogliono rispettare anche gli impegni presi con l’Europa.

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Matteo Machet
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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