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Le prime sfide del nuovo governo

Ancora non ha ricevuto l’incarico di governo, ma Giorgia Meloni si trova già a dover fare i con-ti importanti appuntamenti entro fine anno: affrontare il caro bollette, portare a termine le ri-forme per sbloccare i fondi del Pnrr e stilare la legge di bilancio. E a dover formare una squadra di governo all’altezza con un alleato riottoso, Matteo Salvini, che rivendica e chiede per sé e per il suo partito un peso che non rispecchia i risultati delle urne.

Saranno settimane di fuoco per la premier in pectore, Giorgia Meloni, che ancora non è stata convocata da Mattarella per riceve l’incarico di governo ma che sta già lavorando alla formazione del futuro esecutivo e si prepara ad affrontare un periodo durissimo, sia per la difficoltà della questione energetica, sia per i tempi ristrettissimi di intervento. E, soprattutto, che pare non stia trovando negli alleati del centro-destra la necessaria collaborazione.

Quale squadra di governo?

La prima sfida per Meloni sarà proprio quella di formare una squadra di governo che sia «di persone competenti, di alto profilo», come ci tiene a sottolineare la leader di Fratelli d’Italia. Ciò significa dotarsi di molti tecnici, in particolare nei ministeri chiave, o comunque di figure di partito che quantomeno abbiano esperienza nel settore che si apprestano a gestire. Decisione, questa, che ha ben ragione d’essere, visto che Fratelli d’Italia è stato spesso criticato sul tema della competenza della sua classe dirigente.

La difficoltà principale nel realizzare questo progetto sono gli appetiti dei partner, Matteo Salvini su tutti. Perché il segretario del Carroccio è consapevole di essere uno dei due aghi della bilancia della maggioranza e cerca di prendere tutto quello che può: presidenza di una delle due Camere, ruolo di vicepremier e Ministero dell’Interno per sé, Agricoltura, Riforme, Infrastrutture e Trasporti per il suo partito.

Sarà difficile che Salvini possa tornare al Viminale visto che è imputato nel processo Open Arms, eppure Giancarlo Giorgetti lo indica come «candidato naturale»: un modo, insomma, per ribadire il peso della Lega nella coalizione.

Più “tranquillo” è invece l’altro partner di governo, Berlusconi, che con ogni probabilità vedrà diventare Antonio Tajani prossimo Ministro degli Esteri.

Come affrontare il caro-bollette?

Il problema cui dovrà mettere mano il nuovo governo più nell’immediato sarà quello del folle aumento delle bollette – l’Arera prevede aumenti del 59% per quanto riguarda la luce e del 60% per il gas. Per tutta la campagna elettorale, Meloni ha puntato sul disaccoppiamento dell’energia prodotta da fonti rinnovabili dal prezzo del gas, ma ha anche esternato la necessità di affrontare la questione a livello europeo.

Da questo punto di vista, dopo la chiusura verificatasi nelle scorse settimane, sembra finalmente che si sia mosso qualcosa a favore dell’imposizione di un tetto europeo al prezzo del gas. La partita è ancora aperta e si giocherà nell’ultimo Consiglio europeo cui parteciperà il premier uscente, Mario Draghi, che spera di lasciare la politica con un ultimo, grande successo.

Sul piano nazionale, invece, nell’immediato verrà convertito in legge il decreto Aiuti quater pensato dal governo uscente. Nel frattempo, sono stati stabiliti in via definitiva i limiti sull’utilizzo degli impianti di riscaldamento per l’inverno: 15 giorni complessivi in meno e temperatura ridotta di un grado.

Il raggiungimento degli obiettivi del Pnrr

Altro fronte su cui dovrà lavorare il nuovo governo sarà quello del raggiungimento degli obiettivi stabiliti a livello comunitario per ricevere i fondi del Pnrr. Tra i compiti imminenti, questo sembrava essere quello di più semplice attuazione, anche perché, come già aveva annunciato Draghi, l’Italia era in linea con la tabella di marcia, affermazione dimostrata dai fondi già ricevuti quest’anno (quasi 46 miliardi di euro fino ad agosto e 19 miliardi di anticipo per la realizzazione degli obiettivi rimanenti per il 2022). Il governo uscente, dunque, lascia a chi verrà dopo di lui un lavoro che è già ampiamente ben avviato.

Allora, lasciano di stucco le parole che Giorgia Meloni ha pronunciato di fronte ai suoi colleghi di partito, sostenendo che Fratelli d’Italia dovrà far fronte a una «situazione difficile» di «ritardi […] evidenti e difficili da recuperare»; una «mancanza che non dipende da noi ma che a noi verrà attribuita anche da chi l’ha determinata». A che pro queste affermazioni? Ad essere malevoli, si potrebbe pensare che Meloni stia agendo per portare a termine ciò che effettivamente ha promesso in campagna elettorale, e cioè rivedere e modificare il Pnrr. Lo fa, però, con una consapevole ambiguità: perché se le cose andranno bene, allora potrà dire di essere intervenuta in tempo e risolutamente in una situazione complicata; se, invece, andranno male, allora potrà addossare ad altri la responsabilità della disfatta. Allo stesso tempo, però, mette le mani avanti, non sapendo se riuscirà a raggiungere tali obiettivi: e non solo quelli previsti per la fine del 2022, ma quelli per gli anni successivi.

Fortunatamente, come ha scritto Draghi nella relazione alle Camere sul Pnrr, suffragato e sostenuto dalla Commissione europea, l’Italia finora non ha solo raggiunto tutti gli obiettivi del Pnrr, ma «l’attuazione procede più velocemente dei cronoprogrammi originari. La fine della legislatura ha richiesto uno sforzo supplementare, per fare in modo che, dopo le elezioni, si potesse ripartire da una posizione il più avanzata possibile». Insomma, Meloni non ha scuse: se non dovesse raggiungere gli obiettivi, sarebbe un fallimento solo ed esclusivamente del suo governo. E se deciderà di far saltare il banco con l’Europa sul Pnrr, la colpa non potrà addossarla ad altri.

La legge di bilancio

Ed ecco lo scoglio più grande che il nuovo esecutivo dovrà superare: l’approvazione della legge di bilancio, la “manovra” per l’anno entrante.

Anche in questo caso, il governo Draghi, presentando la Nadef, è riuscito a raccogliere un tesoretto di non poco conto (20 miliardi di euro) da lasciare in eredità ai successori, agevolando il loro lavoro. I tempi, però, non permettono neanche il minimo errore. A fronte di una rigidissima tabella di marcia e di un ritardo accumulato dall’attuale governo, che si occupa del disbrigo degli affari correnti, Giorgia Meloni non dovrà fare nemmeno un passo falso, anche perché sono previsti ulteriori ritardi dovuti, appunto, all’insediamento del nuovo esecutivo. Le tappe previste sono:

  • Presentare la Nadef entro il 27 settembre, che il Parlamento ha approvato il 28 settembre.
  • Presentare il Documento Programmatico di Bilancio, che contiene l’impianto della legge di bilancio, alla Commissione europea entro il 15 ottobre. Scadenza, questa, che non potrà essere rispettata, visto che la prima seduta del nuovo Parlamento sarà il 13 ottobre e le consultazioni del Presidente della Repubblica per individuare il nuovo premier non inizieranno prima del 17.
  • Presentare il Ddl Bilancio in Parlamento entro il 20 ottobre.
  • Approvare la Legge di bilancio entro il 31 dicembre 2022 e pubblicarla in Gazzetta Ufficiale il 1° gennaio 2023 per sancire la sua entrata in vigore.

Se si tiene conto che al momento l’insediamento del nuovo Governo, senza incontrare intoppi, è previsto più a metà che a inizio di novembre, diventano comprensibili le preoccupazioni degli osservatori. Perché, se non si riuscisse a rispettare l’ultima, fondamentale scadenza, si entrerebbe in esercizio provvisorio, cosa che costerebbe tantissimo alle già povere e pesantemente indebitate casse dello Stato.

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Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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