Dopo oltre un anno e mezzo di lavori dell’Assemblea costituente, il 1° gennaio 1948 entrava in vigore la Costituzione della Repubblica italiana. L’Italia si lasciava così alle spalle la buia esperienza del ventennio fascista, della dittatura, delle leggi razziali; liquidava i Savoia e lo Statuto albertino, che si era dimostrato fragile di fronte al fascismo, ed entrava in una nuova epoca della sua storia: una nuova forma istituzionale, sancita da una nuova Costituzione, e una nuova classe politica, uscita dalla Resistenza e dall’esperienza del Cln.
Le elezioni del 2 giugno 1946
La storia della nostra Costituzione inizia a tutti gli effetti il 2 giugno 1946. Per quel giorno, infatti, il governo guidato da Alcide De Gasperi indisse le elezioni per l’Assemblea costituente, che avrebbe dovuto redigere la nuova Costituzione, e il referendum per decidere quale forma istituzionale l’Italia uscita dalla dittatura avrebbe assunto – e che la Costituzione avrebbe sancito.
Le elezioni si svolsero in un clima di festa, anche perché, per la prima volta, alle donne fu concesso il diritto di andare a votare. L’affluenza alle urne fu altissima e il risultato che ne uscì fu chiaro: l’Italia sarebbe stata una repubblica (con uno scarto di circa due milioni di voti), e l’Assemblea costituente sarebbe stata guidata dalla Democrazia cristiana, il partito che vinse la tornata elettorale.
I lavori della Commissione dei Settantacinque e l’approvazione della Costituzione
L’Assemblea – che, fino alle prime elezioni, mantenne ampi poteri – si riunì per la prima volta a poche settimane dalle elezioni, il 25 giugno 1946. Composta da 556 membri, il 15 luglio 1946 essa nominò la cosiddetta “Commissione dei settantacinque”, ovvero una commissione speciale con il solo e preciso obiettivo di redigere il progetto della nuova Costituzione repubblicana. La Commissione rispecchiava l’equilibrio tra i partiti uscito dalle elezioni: era a maggioranza democristiana, ma una rappresentanza non secondaria era dei partiti Comunista e Socialista, e a scendere tutti gli altri partiti dell’arco costituzionale. Era suddivisa in tre sottocommissioni, a ciascuna delle quali era demandato un ambito della futura Carta: alla prima fu affidata la disciplina dei rapporti politici, alla seconda l’organizzazione istituzionale dello Stato, alla terza l’ambito dei rapporti economici. Tra i membri delle sottocommissioni spiccano i nomi di Aldo Moro, Sandro Pertini, Giuseppe Di Vittorio, Giovanni Leone, Nilde Iotti, Palmiro Togliatti, Piero Calamandrei.
Nel febbraio 1947 la Commissione terminò i propri lavori e presentò il progetto all’Assemblea costituente, che iniziò il dibattito per la sua approvazione in marzo. Gli scontri tra i partiti non mancarono, e furono anche aspri. Quello più duro fu quello per l’approvazione dell’articolo 7, proposto dalla Democrazia Cristiana, che intendeva regolare i rapporti tra Stato e Chiesa secondo il concordato presente nei Patti Lateranensi del 1929.
Con 458 voti a favore e 62 contrari, il 22 dicembre 1947 il testo definitivo venne approvato dell’Assemblea costituente. Cinque giorni dopo, il 27 dicembre, il Capo di Stato provvisorio, Enrico de Nicola, a palazzo Giustiniani (Roma), firmò la Costituzione della nuova Repubblica italiana, che il 1° gennaio 1948 entrò in vigore.
Con questo atto, l’Italia divenne, nella forma e nella sostanza, una Repubblica: democratica, parlamentare, laica.
Le prime elezioni
La Carta Costituzionale, oltre a stabilire i diritti e i doveri del cittadino, definiva l’architettura istituzionale dello Stato, che è quella che tuttora conosciamo: una Repubblica parlamentare formata da due camere, la Camera dei deputati e il Senato, titolari del potere legislativo, e il Presidente della Repubblica come carica più alta dello Stato, con funzioni di garanzia. Con la sua entrata in vigore, questo sistema diventava a tutti gli effetti operativo. Si trattava, ora, di indire le elezioni per dare allo Stato il suo primo Parlamento repubblicano.
Le elezioni si svolsero il 18 aprile 1948. A fronteggiarsi c’erano, da un lato, il “partito governativo”, composto dalla Democrazia cristiana e dai partiti minori (Partito liberale, Partito repubblicano e Partito social-democratico), e dall’altro, riuniti in liste comune (del Fronte popolare), il Partiti comunista e quello socialista. Dopo una lunga campagna elettorale, in cui scesero in campo la Chiesa e gli Stati Uniti in appoggio al “partito governativo”, la Democrazia cristiana uscì vincitrice. Alcide De Gasperi divenne il primo Presidente del Consiglio dei ministri della Repubblica italiana, e favorì l’elezione a Presidente della Repubblica, di Luigi Einaudi.