Milano, Piazza San Sepolcro, 23 marzo 1919.
Nel salone del Circolo dell’Alleanza industriale e commerciale si sono riunite un centinaio di persone, delle più diverse classi sociali e opinioni politiche: ex-interventisti, ex-combattenti, futuristi, anarco-sindacalisti, nazionalisti, ex-socialisti. Come mai?
Nelle settimane precedenti, sul suo giornale, «Il Popolo d’Italia», Benito Mussolini ha tenuto una pressante campagna che chiamava all’adunata i reduci della Grande guerra. Ma il suo obiettivo era farsi portavoce del diffuso malcontento che dominava la società italiana del primo dopoguerra.
L’Italia di questi anni è un Paese allo sbando. Versa in una gravissima situazione economica, politica e sociale: disoccupazione, povertà, crisi della classe dirigente liberale di fronte alla massificazione della politica; l’enorme problema del reinserimento in società dei reduci di guerra, traumatizzati da un’esperienza totalizzante e drammatica com’è stata la Prima guerra mondiale; un nazionalismo che soffiava sull’onta della mancata annessione di Fiume. E poi le grandi lotte socialiste e l’ondata di scioperi iniziata a giugno – periodo che passerà alla storia come il “biennio rosso”, tra il giugno 1919 e la fine del 1920 -, che in molti interpretano come l’inizio della rivoluzione comunista. Che fa paura: e se in Italia “si fa come in Russia”? Se i comunisti vicono?
Dal palco del Circolo dell’Alleanza industriale e commerciale, Mussolini espone il suo progetto: la creazione di un nuovo movimento, vitalistico e rivoluzionario, che trasformi l’“Italietta” giolittiana in una nuova, grande potenza europea.
Il programma del nuovo movimento, però, è ancora molto confuso. Si mescolano assieme istanze conservatrici e nazionaliste, come la rivendicazione di Fiume, ad altre socialisteggianti, come il suffragio universale, la partecipazione degli operai alle aziende, la conferma della riduzione dell’orario di lavoro a otto ore. D’altronde, politicamente parlando, Mussolini era nato socialista ed era stato il leader di quel partito fino alla svolta del luglio 1914.
Molto forte è la componente antimonarchica, antiparlamentare, anticlericale, antisocialista: insomma, una contestazione tout court della realtà del momento, dominata dai “rossi” e dalla lenta agonia di un sistema politico, quello liberal-democratico, che non aveva saputo cambiare per governare il nuovo mondo uscito dalla guerra.
Gli ascoltatori sono affascinati: Mussolini è un grande oratore, carismatico, dice esattamente quello che loro vogliono sentirsi dire, e soprattutto non rimanda questo progetto a un indeterminato domani.
No, Mussolini è un uomo d’azione e chiama a raccolta altri uomini d’azione, pronti a mobilitarsi immediatamente e anche a usare la violenza, se necessario.
Un triste presagio di ciò che avverrà negli anni successivi.
Il 23 marzo 1919, in Piazza San Sepolcro, nel Salone del Circolo dell’Alleanza industriale e commerciale, nascevano i Fasci di Combattimento.