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Fact checking. La narrazione del governo alla prova con la realtà

Immigrazione, aiuti ai dipendenti, tetto al contante: sfatiamo le inesattezze e le mezze verità alla base della narrazione costruita dal governo Meloni su questi temi.

La presidente del Consiglio Giorgia Meloni, venerdì, in conferenza stampa ha esposto il Decreto Aiuti quater, il primo provvedimento in materia economica e fiscale del nuovo governo, approvato il giorno precedente dal Consiglio dei Ministri. Contestualmente, ha risposto alle domande sull’attuale crisi nei rapporti con la Francia, in seguito alle tensioni riguardanti lo sbarco dei migranti soccorsi nel Mediterraneo dalle Ong nelle settimane scorse. Parole nelle quali per i dati vengono strumentalizzati costruire una narrazione che risulta essere ben diversa dalla realtà.

Dl Aiuti… ma per chi?

Rateizzazione delle bollette ed esenzioni fiscali per benefit aziendali e acquisto di elettricità e gas. Che il nuovo governo fosse intenzionato ad agevolare soprattutto le aziende era risaputo, e in un Paese in cui la piccola e media azienda è prevalente forse è proprio su questo punto che la destra ha guadagnato il successo elettorale. Il suo programma di governo, tuttavia, prometteva anche interventi strutturali per aumentare i salari (il famoso taglio del cuneo fiscale): un obiettivo che pare essere ancora lontano, e che è stato sostituito, nell’immediato, aumentando l’esenzione fiscale sui cosiddetti fringe benefits (misura di welfare aziendale) da 600 euro a 3.000 euro. Sostanzialmente, quindi, è stato delegato alle singole aziende il compito di aiutare i dipendenti a fronteggiare il rincaro energetico e l’aumento del carovita – come ha anche ribadito il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi.

Ciò che più infastidisce, però, è il modo esplicitamente strumentale con cui il governo ha presentato questa misura. Il testo ufficiale diffuso dalla presidenza del Consiglio parla di una «misura di welfare aziendale che punta a incrementare gli stipendi dei lavoratori, attraverso il rimborso anche delle utenze (acqua, luce e gas), mentre Giorgia Meloni, di fronte alle telecamere, ha addirittura affermato che «è una sorta di tredicesima detassata per aiutare i lavoratori a pagare le bollette».

Ecco, in realtà i fringe benefits non sono questo. O meglio, lo sono, ma non per tutti i lavoratori, non necessariamente fino alla cifra indicata e non per forza per quelle spese. Come ci ha già abituati, Giorgia Meloni ha detto solo una parte della verità per mascherare l’assoluta inadeguatezza del provvedimento e la scarsa considerazione che questo governo ha intenzione di riservare ai lavoratori dipendenti. I fringe benefits, infatti, sono sì una misura di welfare aziendale, ma sono oggetto di contrattazione tra datore e singolo dipendente e non la norma – sono cioè inseriti dal datore di lavoro nei contratti dei singoli dipendenti, non esiste una norma generalizzata. Normalmente, comprendono auto e telefono aziendale, assicurazione sanitaria, buoni pasto, ma il governo Draghi li ha allargati anche alle bollette. Bisogna essere ben chiari su almeno tre punti.

Primo: non li percepiscono tutti i dipendenti. Anzi, come ha detto lo stesso Bonomi, «la platea dei lavoratori che usufruisce di queste agevolazioni è molto ridotta»: circa tre milioni di persone, secondo la Ragioneria, che equivale al 17% dei lavoratori dipendenti.

Secondo: il tetto è stato alzato «fino a 3.000 euro», ma non è detto che i datori di lavoro siano disposti ad aumentarli. Potrebbe, cioè, non cambiare assolutamente nulla per i dipendenti che godono di fringe benefits.

Terzo: non è un intervento strutturale, durerà solo fino alla fine del 2022.

Sul decreto viene allora naturale chiedersi: aiuti, sì… ma per chi?

Tetto del contante allineato al livello europeo?

Altro intervento che era stato un cavallo di battaglia della coalizione di Centro-destra, e che è stato inserito nel testo del Dl Aiuti quater, è l’aumento al tetto del contante, che invece di scendere a 1.000 euro, dal 1° gennaio 2023 salirà a 5.000 euro. Giorgia Meloni ha detto che così ci allineeremo alla media europea, ma è davvero così? In realtà, in questo campo utilizzare come criterio la media europea non ha valore, e questo per due motivi.

Il primo è che tale media è il risultato di cifre molto difformi tra loro: dai 500 euro della Grecia ai 3.000 del Belgio fino ad arrivare a quei Paesi che un tetto non ce l’hanno (Germania, Paesi Bassi, Austria, Finlandia, Ungheria), ma che prevedono controlli per i pagamenti sopra una determinata cifra. Non è indicativo, quindi, utilizzare come riferimento una media se in molti Paesi un limite non esiste, e negli altri il divario è troppo ampio. Possiamo dire che, in un Paese in cui ci sono dieci multimiliardari e molti poveri, quel Paese è benestante perché risulta dalla media? Chiaramente no.

Ma, anche sorvolando su questo aspetto, bisogna tenere in conto le condizioni di partenza di ciascun Paese, e in riferimento all’uso del contante, bisogna considerare soprattutto il tasso di evasione dell’IVA sui consumi. L’Italia, in questo senso, è il primo Paese in Europa: oltre 30 miliardi di euro nel 2019. L’abbassamento del tetto all’uso del contante e l’obbligo di dotarsi di un POS e di accettare pagamenti elettronici per le attività servivano proprio a contrastare questo fenomeno, che contribuiva per il 20% al totale dell’evasione fiscale in Italia.

Ecco, allora, che aumentare il tetto all’uso di contanti rischia di peggiorare ulteriormente un fenomeno che in Italia ha già i contorni della tragedia. E inserire «la concessione di un credito d’imposta agli esercenti per la trasmissione della fattura telematica all’Agenzia delle entrate» del 100% «fino a 50 euro per ogni registratore telematico acquistato» suona come una beffa.

I numeri dell’immigrazione

L’Italia è davvero «l’unico porto possibile di sbarco per i migranti del Mediterraneo», come ha affermato Meloni durante la conferenza? No, ovviamente non lo è. Pronunciare una frase come questa significa mentire. O meglio, significa esagerare ed esibire l’unico dato, in merito all’immigrazione in cui effettivamente l’Italia primeggia, e utilizzarlo strumentalmente per presentarsi come vittime. Perché è vero che è in Italia sbarca il maggior numero di persone (90.297, informa il Viminale), ma certamente non è l’unico: altrimenti, perché Cipro, Malta e Grecia avrebbero firmato, assieme all’Italia, una dichiarazione congiunta assieme all’Italia per sollecitare gli altri Stati europei a farsi carico dei migranti della rotta Mediterranea? Ancora una volta, Meloni dice solo quello che le interessa dire, evitando con cura di snocciolare tutti gli altri dati dell’immigrazione, che mostrano come, in realtà, l’Italia non sia affatto il Paese europeo su cui grava maggiormente il peso dell’accoglienza.

Secondo i dati Eurostat, infatti, nel 2021 è stata la Germania a ricevere il maggior numero di prime richieste d’asilo (148.200), davanti a Francia (103.800) e Spagna (62.100): ben di più delle 43.900 ricevute dall’Italia. E se rapportiamo il dato alla popolazione, l’Italia scende ancora di più: nel 2020, “solo” 76 richieste ogni 100.000 abitanti. Molte meno delle 1.480 di Cipro, 423 dell’Austria, 247 della Slovenia, 212 della Grecia, 178 della Germania, 169 del Belgio, 153 della Francia, 141 dell’Olanda, 131 della Spagna. Poi, detto per inciso, non bisogna dimenticare che i rifugiati in Europa sono ben di più di quelli provenienti esclusivamente dalla rotta mediterranea – pensiamo a quanti rifugiati ucraini ha prodotto la guerra tra Russia e Ucraina –, e di questi la Germania ne ospita più di un milione.

Infine, sono molto gravi le parole che Meloni ha usato per descrivere l’attuale sistema che regola l’arrivo dei profughi: «si ritiene che l’Italia debba essere per scelta di tutti gli altri l’unico porto possibile di sbarco per i migranti che arrivano dall’Africa». Sono molto gravi perché Meloni, forse, non si rende conto che ora è Presidente del Consiglio, ed è inaccettabile che un Presidente del Consiglio di fronte al mondo utilizzi volutamente e consapevolmente parole che distorcono la realtà, presentando tutto il sistema dell’accoglienza europea come un grande complotto contro l’Italia. Perché, dalla frase citata, sembra che l’Italia sia stata “ingannata” da tutti gli altri Stati europei, costretta a fare qualcosa che non voleva. L’Italia, invece, ha firmato tutti gli accordi che regolano l’immigrazione e lo sbarco di migranti e profughi: il Safety of life at sea (1974), la Sar (1979), la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (1982), la convenzione Salvage sull’assistenza (1989), il Regolamento di Dublino (2013), e tutti quelli (volontari) tra gli Stati, come quello del giugno 2022, con 23 altri Paesi, sulla redistribuzione e l’accoglienza dei migranti.

Insomma, Meloni dovrebbe ricordarsi che non è più la leader dell’opposizione, ma la guida politica del Paese ora. E difendere gli interessi nazionali non significa chiudere i confini da presunte “invasioni”, bensì tutelare la rete di alleanze internazionali dell’Italia e la sua posizione all’interno di un organismo internazionale, l’Unione europea, di cui siamo membri fondatori e che, finora, è risultato essere un importante fattore di stabilità per il Paese.

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Matteo Machet
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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