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Lorenzo Fontana, il nuovo Presidente della Camera dei Deputati

Il suo nome ha iniziato a circolare tra i banchi di Montecitorio giovedì alla fine del terzo scrutinio, sorpassando quello di Riccardo Molinari nelle preferenze di Matteo Salvini. E alla fine l’ha avuta vinta il leader della Lega. Al quarto scrutinio, il primo di venerdì 14 ottobre, sono stati sufficienti 222 voti per eleggere il nuovo Presidente della Camera dei deputati, Lorenzo Fontana. Questa volta non c’è stato nessuno smottamento – o quasi – nel centro-destra, che ha votato compatto (mancano alla conta 15 voti) e ha potuto così “salvare” i franchi tiratori di giovedì 13 in Senato, permettendo alla parte politica cui appartengono di non smascherarsi.

A nulla è servito lo striscione esposto da alcuni esponenti dell’opposizione – gesto deprecabile, poiché il Parlamento non è, o meglio non dovrebbe essere, uno stadio –, che recitava “no a presidente omofobo pro-Putin”.

Parole che, per quanto espresse in maniera inappropriata, instillano un tarlo nelle coscienze e ci fanno chiedere: ma chi è Lorenzo Fontana?

Gli inizi in politica

In realtà Lorenzo Fontana è un politico di lungo corso, nonostante la sua giovane età. Classe 1980, Fontana si appassiona alla politica da adolescente, a 16 anni, come dichiara lui stesso, guidato dagli «ideali di indipendenza, autonomia e libertà della Lega». Ed è proprio nelle strutture giovanili della Lega Nord, il Movimento Giovani Padani, che comincia la sua avventura, divenendo in breve tempo vicecoordinatore del Movimento giovanile (2002) e consigliere comunale di Verona, nel 2007.

Il grande salto della sua carriera avviene nel 2009, quando viene eletto deputato al Parlamento europeo. Decide così di lasciare il suo incarico di consigliere comunale e diventare a tutti gli effetti eurodeputato. È qui che ritrova Salvini – dopo la comune esperienza a Radio Padania alla fine degli anni ’90 –, condividendo con lui i banchi del Parlamento europeo e riannodando un rapporto, personale oltre che politico (Salvini è suo testimone di nozze), che si è andato rafforzando nel corso degli anni e che ha dato al neo-presidente della Camera un deciso salto nel suo cursus.

La scalata nella Lega e nelle istituzioni

E infatti, dopo il rinnovo del mandato a Bruxelles (2014) – e dopo essersi laureato in Scienze politiche all’università di Padova, con una tesi intitolata “I movimenti populisti in Europa e la loro azione all’interno del Parlamento Europeo” –, nel 2016 scala posti all’interno del partito e viene nominato vicesegretario federale della Lega – dove oggi è anche membro del Comitato Disciplinare e Garanzia. L’anno successivo diventa assessore e vicesindaco di Verona, ma lascia l’incarico (così come quello a Bruxelles) perché, nel 2018, è eletto deputato al Parlamento nelle elezioni che consacrano la Lega come forza nazionale.

Ed è proprio a lui che Salvini, nuovo vicepremier e ministro dell’Interno, pensa prima per ricoprire la carica di vicepresidente della Camera dei deputati, poi per occupare un ministero, quello della Famiglia e le disabilità; anzi, due ministeri, perché verrà spostato agli Affari europei prima della fatidica estate del 2019, quella che vedrà cadere il Conte I. Insomma, a 38 anni, Fontana aveva già ricoperto cariche di primissimo piano a livello locale, nazionale ed europeo.

A suggellare questa rapida scalata, è arrivato il voto dei colleghi deputati di venerdì scorso, che gli hanno consegnato la sedia di Presidente della Camera dei deputati, la terza carica più importante della Repubblica italiana.

Un integralista cattolico

La sua tesi di laurea è stata analizzata da Il Bo Live dell’Università di Padova, che ha notato come in essa siano sviluppati, in un contesto accademico, molte delle posizioni politiche che, negli anni di militanza politica, ha espresso in pubblico: la supposta crisi della cultura, dei valori e anche «demografica» europea, che avrebbe generato sentimenti di paura e di spaesamento nelle persone. Le cause, ovviamente, sono da cercare nelle migrazioni e nel multiculturalismo che queste portano con sé, ma inteso, quest’ultimo, come «porre tutte le culture sullo stesso piano». Per Fontana, invece, è bene ribadire che non è così, che “noi europei” «siamo prima di tutto un popolo europeo di razza bianca, di cultura greca e latina e di religione cristiana», e perciò è compito “nostro” valorizzare le «radici cristiane della società europea», e non abbandonarle, cosa che, tra l’altro, «la presenza di genti di altre etnie e culture non solo non giustifica […] ma al contrario ne impone il rafforzamento». Non mancano, ovviamente, le critiche alla globalizzazione e alla modernità, che viene identificata con «il pluralismo culturale, la diffusione di una morale libertaria, la presenza degli stranieri, il declino delle figure di autorità».

A un lettore attento non sfuggono i cortocircuiti di questi ragionamenti, generati da una sorta di paura identitaria di cui il mondo contemporaneo è sempre più permeato; una paura che impedisce di vedere l’incontro tra persone e culture diverse come un’opportunità, relegandolo nella sfera del non desiderabile e del pericoloso. A uno storico, invece – tra l’altro, Fontana è anche laureato in Storia all’Università europea di Roma –, non possono non balzare all’occhio gli errori e le generalizzazioni di simili ragionamenti, che purtroppo hanno facile presa perché sono semplici e lineari; ma il mondo è complesso, e non si può sfuggire dalla complessità per comprenderlo. La «razza bianca», ad esempio: ormai genetisti e scienziati hanno messo un punto definitivo sulla questione e hanno dimostrato che le razze, nel genere umano, non esistono, e tanto meno esisterebbero in base al colore della pelle. Dire, poi, che gli europei sono di cultura greca e latina ignora completamente l’apporto che le migrazioni delle popolazioni germaniche hanno dato alla costruzione dell’Europa medievale – per dire, Carlo Magno, che è stato interpretato anche come uno dei padri dell’Europa, era re dei Franchi, una delle popolazioni germaniche che i romani consideravano “barbari”. Stona ancora di più se a dirlo è un rappresentante di spicco di un partito che considera i “padani” un “popolo celtico” (di nuovo, i greci oggi avrebbero detto “barbaro”). Infine, ancora da notare è la fortissima carica discriminatoria di un simile ragionamento: oltre al discorso razziale, anche identificare la popolazione europea come esclusivamente cristiana ignora la complessità della realtà, storica e attuale, in materia.

Ed è proprio la profonda fede religiosa che ha ispirato – e probabilmente ispira ancora – la vita e la carriera politica di Lorenzo Fontana. A partire dal sostegno ad ogni costo alla famiglia “tradizionale” e dalla condanna estrema all’aborto. Così, negli anni, si è detto favorevole ad abrogare la Legge 194/78 sull’aborto, che ha definito «la prima causa di femminicidio al mondo» – risulta iscritto al “Comitato No194” –, ha affermato che le coppie omosessuali, e più in generale la “teoria gender” – oltre all’immancabile “invasione” degli immigrati –, «mirano a cancellare la nostra comunità e le nostre tradizioni», motivo per cui il popolo italiano «rischia l’estinzione». Sulla stessa linea confessionale sono altre sue posizioni: fortemente contrario all’eutanasia, alle unioni civili, alle adozioni per le coppie omosessuali.

Non è dunque difficile comprendere quali siano per lui i modelli politici: Orbàn, Trump, Putin – ha partecipato alla campagna contro le sanzioni alla Russia nel 2018 ed è stato favorevole all’invasione russa della Crimea. Ma ha anche indirizzato un videomessaggio di sostegno «agli amici di Alba dorata», partito greco neonazista i cui leader e membri sono stati condannati dal tribunale di Atene «per aver fatto parte di un gruppo considerato criminale».

L’ideologia politica di Lorenzo Fontana, dunque, risente di diverse influenze: integralismo cattolico, omofobia, complottismo, ultranazionalismo. Nonostante i tentativi di annacquarne l’estremismo, e di nascondere sotto un tappeto le uscite più imbarazzanti, è questo il profilo che i deputati in Parlamento hanno scelto per ricoprire una delle massime cariche della Repubblica italiana.

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Matteo Machet
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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