«Fatti mandare dalla mamma a prendere il latte, devo dirti qualche cosa che riguarda noi due»
Quale canzone, o canzonetta, può, più di Fatti mandare dalla mamma (Gianni Morandi, 1962), adattarsi meglio allo spirito dei primi anni Sessanta? Un ritorno ai giorni felici dopo gli anni della guerra e del ventennio fascista, la voglia di ricostruire e di consumare ciò che prima non si poteva neanche immaginare, la voglia di divertirsi e di ballare, ma rimanendo sempre dentro i canoni del conservatorismo moderato cattolico – l’Italia di quegli anni, infatti, non era la gran Bretagna dei Beatles e del rock’n’roll di Elvis.
Il miracolo economico
Parlando del miracolo economico, tra il 1951 e il 1963 il Prodotto Interno Lordo (PIL) aumentò in media del 5,9% annuo, del 8,3% solo nel 1961; il Reddito Nazionale Lordo italiano si attestò a 31.261 di lire; i consumi privati nel 1963 arrivarono a 20.500 miliardi, dimostrando che, in poco più di un decennio, gli italiani raddoppiarono la propria spesa; l’esportazione aumentò tra il 1951 e il 1963 con un incremento annuo del 12%, testimoniando un ruolo nel commercio internazionale; la produzione industriale, trainata inizialmente dall’industria metalmeccanica e dal settore petrolchimico, tra il 1951 e il 1963 raddoppiò grazie anche all’ingresso nel 1958 nella Comunità economica Europea (CEE).
Lo Stato nell’economia
Una delle principali cause del boom economico fu il significativo ruolo assunto dallo Stato nel mercato. L’Italia, infatti, si adeguò alle nuove politiche liberal che gli USA stavano sperimentando già dagli anni ’30. Le imprese private, che furono il cuore della grande industria italiana, beneficiarono a piene mani dell’intervento statale, in quanto proprio lo Stato era il principale produttore delle materie prime.
Ad esempio, l’acciaio, che era stato alla base della seconda rivoluzione industriale, veniva prodotto dall’industria pubblica dell’Iri, mentre nel 1960 fu inaugurata l’Italsider di Taranto (oggi Ilva) proprio per sostenere la crescente domanda della produzione industriale. Un’altra importante azienda pubblica era Agip, l’ente petrolifero di Stato, che negli anni ’50 si lanciò alla scoperta di giacimenti di idrocarburi in Val Padana. Lo Stato, per incentivare la crescita produttiva, prese accordi con i sindacati e con le grandi aziende come la Fiat, la più importante industriale automobilistica di quell’epoca.
La nuova società italiana
La voglia di ricostruzione che animò l’Italia nel secondo dopoguerra fece registrare un innalzamento dei valori demografici: 47.516.000 unità nel 1951 contro le 50.624.000 nel 1961. Questa progressiva crescita si verificò a causa della contrazione del tasso di mortalità, che passò al 9,72‰ nel 1950, e degli elevati livelli del tasso di natalità, che tra il 1949 e il 1967 oscillò tra il 18 e il 20‰ – i nati vivi nel 1964 superarono il milione.
Durante questi vent’anni la società italiana mutò profondamente. Nel 1958 i lavoratori dell’industria superarono quelli dell’agricoltura trasformando per la prima volta nella sua storia l’Italia in una società industriale; nel 1961 il settore agricolo occupava il 29% del mondo del lavoro, quello industriale era progressivamente salito al 40,4% mentre quello dei servizi era al 30,6%.
Le grandi imprese industriali si concentrarono nel triangolo industriale, Torino-Milano-Genova, mentre i lavoratori furono chiamati sia dal Sud sia dalle zone povere del Nord-Est. Questo comporto che nel decennio 1951-61 emigrarono quasi 2 milioni di italiani verso il Nord-Ovest, nelle grandi città industriali, che raddoppiarono, o tal volta triplicarono, la propria popolazione cittadina.
Un ulteriore trasformazione della società fu l’aumento del tenore di vita, della cultura degli strati sociali più poveri attraverso il concretizzarsi dell’unificazione linguistica della Penisola. Proprio la televisione, che cominciava a entrare nelle case di tutti gli italiani, e le cui trasmissioni erano di monopolio della Radiotelevisione italiana (Rai), giocò un ruolo determinante in questa partita: insegando lingua e grammatica italiana, programmi come “Non è troppo tardi” combatterono la piaga dell’analfabetismo che ancora nel 1951 toccava il 13% della popolazione.
Simboli del consumo di massa furono l’automobile, gli elettrodomestici, la televisione, prodotti tutti dalle stesse imprese private italiane. A tale proposito, in questo periodo si sviluppò la motorizzazione privata, che fu il cuore del mercato interno dell’industria automobilistica nostrana: nel 1955 comparve la prima utilitaria, la Seicento, seguita nel 1957 dalla Cinquecento, della FIAT.
In questi stessi anni anche le infrastrutture si svilupparono con la costruzione, o ricostruzione, di strade. Ad esempio, nel 1956, iniziò la costruzione dell’Autostrada del Sole (A1) collegando, per la prima volta nella storia dell’Unità, Milano a Roma e Napoli.
L’Italia approdata negli anni ’60 era più ricca di quanto non fosse mai stata in precedenza, ma era aumentato anche lo squilibrio sociale che allargò sempre più il divario tra il Nord e il Sud. Proprio questo aumento delle diseguaglianze dentro la società italiana, che riaccese le tensioni interne, portò il governo di centro-moderato della Dc ha spostarsi verso un’alleanza con i socialisti, intraprendendo una stagione di riforme sociali.