Sebbene l’organo esecutivo della nostra famiglia europea abbia espresso entusiasmo per aver finalmente intravisto il traguardo di una seria e collaborativa politica comunitaria in materia di immigrazione e accoglienza, alcuni osservatori esprimono quantomeno alcune perplessità.
La strada verso lo storico accordo
L’accordo sulla gestione del flusso migratorio e le conseguenti richieste d’asilo sarebbe stato proposto dalla Commissione Europea al Parlamento nel settembre 2020, tuttavia una risposta in merito sarebbe arrivata solamente la scorsa settimana, con la presa in carico del dossier e il conseguente inizio dei negoziati con i ministri UE.
Il patto consisterebbe in una serie di regolamenti concernenti i “meccanismi di solidarietà”, le procedure di controllo per l’ingresso di cittadini terzi all’interno dell’area shenghen e le procedure di gestione di eventuali crisi migratorie.
Giovedì 20 aprile il Parlamento Europeo ha ufficialmente dato il via al lungo processo che porterà i membri del Consiglio Europeo a confrontarsi su materie cruciali per il futuro della grande famiglia europea, quali solidarietà, accoglienza e collaborazione.
I negoziati interistituzionali per il momento si concentreranno su due direttive, il conferimento di cittadini extracomunitari già presenti all’interno dell’Unione Europea e ai beneficiari della protezione internazionale, la residenza e il diritto di lavorare con procedure più rapide e semplificate.
“Ora abbiamo nove mesi per negoziare il pacchetto legislativo”, avrebbe dichiarato un portavoce della Commissione, che si confessa fiducioso sulla possibilità di finalizzare il patto entro la scadenza, ottimismo motivato dai segnali di approvazione da parte degli Stati membri e dei propri legislatori, quantomeno sui punti chiave del pacchetto di riforme.
Tuttavia la matassa da sbrogliare, per i Ministri Ue, sarebbe l’infinito ramo delle sottoaree del testo prima che i negoziati tra le istituzioni dell’UE, noti come triloghi, possano procedere.
Opinioni fiduciose arrivano anche da Berlino, il Governo tripartito, composto da Partito socialdemocratico (SPD), Partito liberale democratico (FDP) e Verdi, si dichiara infatti convinto che i Negoziati volgeranno al termine “entro la primavera 2024”.
Il nodo della redistribuzione
Ad oggi l’iter di gestione per l’accoglienza di migranti arrivati all’interno dei confini europei vine stabilito dagli “Accordi di Dublino“, secondo il quale il migrante entrato nell’Unione Europea deve necessariamente richiedere la “protezione” o “l’asilo” presso il primo paese che lo abbia accolto, sovraccaricando necessariamente i Paesi del Mediterraneo come Italia, Grecia, Spagna o Cipro di un numero sproporzionato di domande.
Secondo quanto riportato dalla bozza del nuovo patto migratorio riformato, il sistema dell’accordo di Dublino verrà mantenuto, tuttavia l’obiettivo sarebbe quello di accompagnarlo ad un “meccanismo di solidarietà“, volto ad alleviare l’onere dei Paesi di frontiera.
Il nuovo meccanismo prevederebbe diverse soluzioni, concesse agli Stati Membri per supportare i paesi di primo arrivo, accettando per esempio alcune quote di migranti accolti, fornendo attrezzature o più semplicemente contribuendo finanziariamente alla gestione dell’accoglienza.
Per rientrare nel meccanismo di ricollocamento e poter accogliere migranti da altri paesi Ue, uno Stato membro non deve far altro che aderire volontariamente al gruppo dei “Paesi contributori”.
Stando al patto migratorio riformato, nell’eventualità che si presenti una, “crisi del flusso migratorio“, valutata tale esclusivamente dalla Commissione Europea, la ricollocazione avverrà in maniera automatica e obbligatoria tra i Paesi contributori, mentre i Paesi che non vi abbiano aderito potranno sopperire con “mezzi diversi“; sebbene l’opinione più diffusa è che questi “mezzi diversi”, più semplicemente aiuti finanziari, non potrebbero in alcun modo contribuire in modo significativo ad eliminare il “problema”.
“Non condivido l’ottimismo della Commissione europea su questa cosiddetta solidarietà finanziaria. Perché non elimina le forti disparità nella condivisione degli oneri”, ha dichiarato Sergio Carrera, esperto di politiche migratorie europee presso il think tank Centre of European Policy Studies (CEPS).
Il trasferimento volontario dei migranti
Sorge spontaneo domandarsi a questo punto è, in che misura gli Stati membri aderiranno al programma di accoglienza volontaria, piuttosto che contribuire con semplici aiuti finanziari; la Commissione Europea tuttavia si confesserebbe fiduciosa anche in questo caso.
L’ottimismo della Commissione sarebbe dovuto al clima chiaramente più positivo intrattenutosi durante i primissimi colloqui tra gli Stati Membri, inoltre molti Paesi avrebbero già aderito ad una promessa, non vincolante, per una maggiore solidarietà nel 2022, sotto la presidenza francese del Consiglio Europeo.
Un portavoce del ministero dell’Interno tedesco avrebbe sottolineato il fatto che “accanto alla Germania, la maggioranza degli Stati europei” sta partecipando all’accordo del 2022.
“La Germania si impegna a garantire che alla fine verrà concordato un meccanismo di solidarietà permanente e affidabile, in cui la partecipazione è obbligatoria”, ha aggiunto il portavoce.