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Che fine ha fatto il PCI?

Breve guida sulla storia del partito comunista italiano, un'"eccezione alla regola" dei vari partiti comunisti filosovietici che hanno caratterizzato la storia del Novecento.

Il PCI di Berlinguer dopo l’apice del 1976 vede una lenta ma costante perdita di consensi e di iscritti.

La situazione dopo la “marcia dei 40.000” a Torino sembra irrimediabile.

Il 1984 è l’anno delle elezioni europee e vede il partito impegnato in comizi elettorali complicati.

Berlinguer è a Padova nei primi giorni di giugno e durante il comizio del 7 giugno ha un malore che lo condurrà alla morte nel giro di poche ore.

Pochi giorno dopo la morte si arriva al voto del 19 giugno per le consultazioni elettorali europee e il partito torna sopra il 33% delle preferenze elettorali.

Nonostante la vittoria elettorale il PCI dopo Berlinguer sembrava non avesse più nulla da dire.

L’eredità politica di Berlinguer fu difficile da colmare e nei fatti non ci riuscì nessuno.

Nel 1984 venne eletto alla segreteria Alessandro Natta che garantiva al direttivo la stabilità e la tradizione senza portare nessun fondamentale apporto innovativo.

Oltre alla mancanza di un leader carismatico e alla ormai consolidata leadership del PSI guidato da Craxi la situazione politica internazionale vedeva un assoluta sterilità nel campo comunista.

Le condizioni sociali e politiche erano mutate gli anni ’80 avevano considerevolmente cambiato i fattori politici in gioco e il PCI non aveva trovato una chiave di lettura che potesse mutare i fattori presenti sul piano politico.

I risultati politici delle elezioni del 1987 sono deludenti, con il solo 26,57% delle preferenze alla Camera e il 28,33% al Senato.

L’anno dopo Natta colto da un leggero infarto si dimette, anche per via della pressione di altri dirigenti comunisti e viene eletto il 21 giugno 1988,il nuovo segretario, Achille Occhetto.

La segreteria di Achille Occhetto

Achille Occhetto fu per lungo tempo Segretario della Federazione Giovanile Comunista Italiana e in seguito responsabile della Sezione centrale di Stampa e propaganda.

Gli venne dato l’incarico negli anni 70 di gestire il PCI come segretario regionale e infine venne eletto deputato della camera fino alla segreteria nel 1988. La segreteria di Occhetto fu caratterizzata da due elementi fondamentali , l’introduzione di un governo ombra e la cosi detta “svolta della Bolognina”.

Il primo fu introdotto prendendo ispirazione Shadow cabinet britannico.

Lo scopo era mantenere un controllo diretto del governo incaricando alcuni membri del partito, uno per ministero, di svolgere un attività di monitoraggio delle attività degli effettivi ministri del governo in carica.

L’altro elemento caratterizzante della segreteria Occhetto fu la “svolta della Bolognina”. Dopo la caduta del muro di Berlino vennero a galla nel partito le posizioni più critiche e pronte ad un rinnovo effettivo del partito.

Il nuovo segretario si fece portatore di questa necessità di cambiamento e il 12 novembre 1989 annunciò a Bologna, in una riunione di ex partigiani e militanti comunisti della sezione Bolognina, la necessità di “grandi cambiamenti”. “la svolta della Bolognina” aveva avuto il suo inizio. Un nuovo partito della sinistra italiana doveva nascere e sostituire il PCI.

Non fu però un passaggio semplice e senza opposizioni. Per la prima volta nel partito il dissenso fu notevole molti dei militanti di base. Pietro Ingrao, Aldo Tortorella , il vecchio segretario Alessandro Natta e Armando Cossutta, si opposero al cambiamento introdotto da Occhetto. A seguito del XIX Congresso del PCI , un congresso straordinario sì confrontarono tre posizioni differenti . Nel marzo del 1990 le posizioni di Occhetto , Ingrao e Cossutta si confrontarono.   La posizione del segretario verteva su una nuova formazione politica, quella di Ingrao per un vero rinnovamento del PCI e della sinistra mentre la terza, sostenuta da Cossutta, verteva sulla necessità di creare una nuova democrazia socialista in Europa. La mozione di Occhetto raggiunse il 67,46% dei voti e fu la posizione vincente nel partito. Il 3 febbraio 1991 nasceva cosi il PDS, Partito Democratico di Sinistra.

Il nuovo partito aveva nel simbolo ancora la falce e martello del PCI ma l’aggettivo democratico era la chiave di volta comunicativa che aveva la pretesa di rendere evidente il cambiamento.

Il PCI dov’è?

Il PCI oramai si era sciolto e la sinistra italiana cercava una nuova identità.

Con lo scandalo di Mani pulite e la sostanziale estinzione del PSI sul territorio politico nazionale il nuovo soggetto politico voleva rappresentare il nuovo polo aggregativo delle forze riformiste in Italia.

L’evoluzione di quel cambiamento vede negli anni evoluzioni che lo condurranno a creare l’attuale Partito Democratico erede, in parte, del PCI ma più che nei fatti eredità il bacino elettorale e l’eredità spirituale.

In Italia, il tentativo di creare una democrazia di stampo bipartitico sul modello americano ad oggi vede un effettivo tramonto.

Ad oggi la sinistra sembra aver perso la sua identità.

Il PCI lasciò un’eredità che sembrava essere alla portata di un grande partito riformista ma che nei fatti si è dispersa ed ha smarrito un soggetto politico definito.

Quali strade e quali aspetti peculiari oggi si possono ancora trovare nella società contemporanea della storia politica del principale partito comunista occidentale? Esistono ancora i soggetti a cui si rivolgeva il partito di Berlinguer?

Quali mutazioni non sono stata comprese e quali strade potevano essere intraprese per non perdere quel contatto con un elettorato che ad oggi sembra così distante dai partiti che si richiamano alla grande storia del PCI?

Le tematiche portate in evidenza si prestano ad ampie aree di dibattito e a confronti aperti e di grande interesse politico.

Sarà il tempo a dare una risposta ma ad oggi il campo di indagine è ampio e deve essere colmato.

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