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L’ingovernabilità del Brasile: dalla Dittatura al Fascismo di Bolsonaro

Oltre 156 milioni di elettori sono stati chiamati alle urne per decidere se confermare l'attuale capo di Stato, espressione della destra, o portare il Paese a sinistra, il 30 ottobre si terrà il ballottaggio tra Luiz Inácio Lula da Silva e Jair Bolsonaro, ma la Storia ci insegna che chiunque sarà il vincitore il Brasile resta un "Paese ingovernabile".

“Ho dovuto fare i conti con molte cose immorali, con ricatti… ma non c’è altro modo per governare il Brasile.”

-Luiz Inácio Lula da Silva-

 

La nascita della Dittatura Militare

La storia della Repubblica Brasiliana vide, nel corso della propria storia, l’insorgere di una dittatura militare protrattasi dal 1964 al 1985; le cause che portarono al golpe e alla successiva instaurazione della dittatura militare, come ci si potrebbe aspettare, furono la stagnazione economica e l’alta inflazione esasperati dell’esecutivo immediatamente antecedente al golpe: il governo Joao Goulart.

Fu proclamato presidente il generale Humberto de Alencar Castelo Branco, grazie all’appoggio di alcuni tra i Leader del golpe, tra cui i governatori degli stati di Rio de Janeiro e di San Paolo e all’intromissione degli USA, che negli anni attraverso la sua influenza, soffocò sul nascere le politiche progressiste.

La dittatura militare brasiliana non si distinse dal suo genere, negli oltre vent’anni di regime autoritario la contro-rivoluzione (come divenne nota agli occhi della storia) privò i cittadini di molti diritti costituzionali, applicò politiche di repressione verso coloro ritenuti responsabili del tentativo di golpe comunista, e come ovvio la stampa fu pilotata o censurata.

Nel 1967 fu emanata dal congresso la sesta Costituzione Brasiliana che ratificò la legittimità del golpe, della rivoluzione e della contro-rivoluzione, stabilendo inoltre un nuovo sistema elettorale basato sull’elezione indiretta del presidente, nominato da un collegio elettorale, questo si, eletto direttamente.

Nello stesso anno crebbero nel paese movimenti di protesta promossi dall‘ala Comunista, ma comunque appoggiati dalla sinistra più moderata delle Istituzioni Brasiliane; la logica conseguenza, al manifestarsi di una reale minaccia al regime, fu una immediata e forte risposta della Presidenza.

Il Generale Arthur da Costa e Silva sciolse il congresso decretando “l’Ato Institucional n°5“, un decreto pensato originariamente per far fronte a gravissime minaccia istituzionali e che avrebbe garantito al presidente una serie di poteri straordinari, poteri di cui il Generale abusò considerevolmente, arrivando negare a diritto di habeas corpus.

La conseguenza del pugno di ferro fu prevedibile, si intensificarono gli episodi di guerriglia urbana, in particolar modo nelle grandi città ad Est, le sommosse Marxiste furono da prima sfruttate come pretesto per un definitivo controllo dei Media attraverso censure e pilotaggi, per diventare capro espiatorio di sanguinarie repressioni e perseguimenti da parte del Generale Mèdici, il nuovo presidente in carica.

Il risultato più noto che scaturì da questa esperienza di governo dei Generali Brasiliani, si potrebbe descrivere come il ritorno allo stato di Paese Coloniale, utile infine solo alla produzione di materie prime a prezzi stabiliti da potenze straniere, il tutto aggravato dal più alto livello di inflazione che il paese avesse mai conosciuto.

Fu solo con la presidenza del generale Ernesto Geisel (1974) e del suo successore il generale Figueiredo (1979-1985), che ci si riavvicinò al concetto di Democrazia, attraverso  il ritorno di politici esiliati o esclusi dalle attività politiche durante gli anni sessanta e settanta.

Il periodo Neoliberista

Nel 1985 fu nuovamente eletto un presidente civile, Josè Sarney, per gli storici questo evento segnò la fine dell’epoca militare, dando inizio al periodo Neoliberista sancito con la nuova costituzione emanata nel 1988 e caratterizzata da un principio fortemente Anti-totalitario: “proibito proibire“, prevedendo si il presidenzialismo, ma dove il presidente avrebbe dovuto godere di una piena fiducia del congresso per poter esercitare le proprie funzioni.

L’era Lula

Ne conseguì un periodo di pesante crisi economica e sociale, i Paesi del Sudamerica e gli USA non riconobbero forza nella nuova Costituzione, inoltre i disperati tentativi di ripresa economica per far fronte alla crisi dell’inflazione si rivelò un buco nell’acqua. La logica conseguenza ad una esperienza di governo fallimentare si tradusse in un movimento di sommosse popolari che portarono alla caduta del nuovo esecutivo.

Al periodo neoliberista seguì l’era Socialista o era Lula, il 1º gennaio 2003 e di nuovo riconfermato Il 29 ottobre 2006, Lula ha posto i programmi sociali in cima alla sua agenda, il suo programma principale era quello di sradicare la fame, seguendo la guida di progetti già messi in pratica dall’amministrazione Fernando Henrique Cardoso, la costruzione di cisterne per l’acqua nella regione semi-arida del Brasile di Sertão, oltre ad azioni per contrastare la gravidanza adolescenziale, rafforzare l’agricoltura familiare, distribuire una quantità minima di denaro per i poveri e molte altre misure.

L’ascesa di Jair Bolsonaro

Non in maniera inusuale il Brasile cadde nel fenomeno dell’alternanza politica, il che portò alla caduta del Governo Lula e alla presa di poteri di Jair Bolsonaro il 1º gennaio 2019, il futuro che si prospettava al Brasile fu da subito chiaro, era infatti nota la presa di posizione che il NeoPresidente aveva preso nel periodo di Dittatura Militare:

“con il voto non cambierà niente in questo paese, purtroppo le cose cambieranno solo quando un giorno partiremo per una guerra civile qui dentro e faremo il lavoro che il regime militare non ha fatto, cioè uccidendo 30 mila persone, cominciando da Fernando Henrique Cardoso. Se morirà qualche innocente non fa niente, in ogni guerra muoiono innocenti”

La reazione della Comunità Internazionale si limitò ad una velata condanna, paragonando il nuovo presidente all’omologo filippino Rodrigo Duterte o soprannominandolo il nuovo Trump, critiche e accuse che sottovalutarono la pericolosità  dell’affermarsi del fascismo in un paese martoriato dalla disuguaglianza sociale e dalle guerriglie urbane.

L’ingovernabilità del Brasile

Sorge spontaneo domandarsi, come un fascista dichiarato abbia conquistato, grazie al consenso popolare, la presidenza in un Brasile che sembrava diventato, infine, protagonista della sua storia e di quella del mondo, Lula era a tutti gli effetti diventato la proverbiale quadratura del cerchio, il punto d’incontro d’ogni diversità, l’oasi nella quale ogni conflitto s’acquietava, anche grazie alla spinta del “vento di coda” del boom mondiale delle materie prime con indici di crescita del più 7,5% nel 2010

La risposta ci venne data dallo stesso Lula che aveva posto in essere, quello che molti analisti hanno chiamato “il dilemma della governabilità”, sebbene popolarissimo, Lula era privo d’una maggioranza parlamentare, doveva quindi, come ogni altro presidente Brasiliano, governare il Paese solo attraverso una Coalizione, che in Brasile significa, in sostanza, scendere a patti con poteri locali e clientelari, traducendosi inevitabilmente in una corruzione sistematica.

Il 30 Ottobre 2022 il Brasile sarà chiamato ad eleggere il “nuovo” Presidente e la parità si gioca dimuovo tra Lula e Bolsonaro, ”La lotta continua fino alla nostra vittoria finale”, Così l’ex presidente del Brasile Luiz Inácio Lula da Silva ha commentato il risultato del primo turno delle elezioni presidenziali 2022, che lo vedono in vantaggio con il 48,4% dei voti rispetto a Jair Bolsonaro che ha ottenuto il 43,2% delle preferenze.

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