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I movimenti no-global e il G8 di Genova

L’anarchismo contemporaneo

L’anarchismo di oggi è un’evoluzione dei movimenti no-global degli anni ’90, i quali esponevano a una severa critica la globalizzazione ed erano impegnati nella difesa dell’ambiente. Il clima culturale che emerse da quel decennio esprimeva un’estrema condanna alla società industriale della globalizzazione e all’intero Occidente. Nelle manifestazioni no-global si verificò anche un ritorno alla giustificazione dello scontro urbano e della violenza contro la proprietà e contro i simboli del capitalismo: è il caso dei Black Block, un piccolo movimento all’interno della più ampia galassia dell’anarchismo no-global, che infiltra le manifestazioni e mette in pratica tattiche di guerriglia urbana.

I movimenti no-global, nello specifico, si formarono dalla metà degli anni ‘90 in diverse varietà di gruppi, tutti però unificati dall’uso di Internet. In questa varietà si potevano trovare enti piuttosto istituzionalizzati e integrati come le ONG aventi obiettivi mirati; gruppi che riprendevano la tradizione degli anni ’60 come quelli ecologisti, femministi, anti-nucleari, cristiani radicali; associazioni fondate per incoraggiare specifiche campagne di boicottaggio o sensibilizzazione, come Drop the Debt dell’organizzazione Jubilee 2000; e, infine, i raggruppamenti vicini alla sinistra rivoluzionaria novecentesca che guardavano alle nuove esperienze terzomondiste, come il movimento zapatista. L’uso comune di internet e dei nuovi mezzi di comunicazione permise loro di realizzare comunità orizzontali prive di gerarchia e fornì un forte fattore identitario comune alimentando, inoltre, la condivisa critica alle politiche neoliberiste mondiali.

Quello che contraddistinse la maggioranza dei movimenti no-global fu la loro dimensione simbolica e impolitica: una caratteristica ereditata dall’anarchismo post-classico degli anni ’60 che permise la saldatura tra il pensiero anarchico e le istanze più radicali dell’antropologia politica. Ad esempio, il neo-primitivismo di Zerzan, che si avvicinò a un certo tipo di antropologia libertaria, interpretava la scienza e la tecnologia come forme contemporanee di dominio più pericolose delle precedenti.

I no-global si impegnarono in grandi contromanifestazioni in occasione del G7 di Birmingham del 1998, alla fine di novembre 1999 a Seattle, fino ad arrivare al G8 di Genova del luglio 2001. Proprio in questo anno, a seguito dell’11 settembre, l’antagonismo no-global ebbe una prima battuta di arresto, che perdurò fino al 1° maggio 2015, giorno dell’inaugurazione dell’Expo a Milano.

È giusto ricordare il paradosso che contraddistingue i Black Block, e cioè che sono loro stessi un prodotto della globalizzazione, perché si radunano solo in determinate occasioni e muovendosi da ogni parte del globo, cosa che non sarebbe possibile senza, appunto, la globalizzazione dei trasporti.

Il G8 e Genova nel 2001

Il G8, gruppo degli otto, è un foro informale di cooperazione internazionale tra i paesi più industrializzati del mondo (Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia, Gran Bretagna, Russia, USA).  Dal 1997 al 2014 si è tradotto in riunioni annuali dei capi di Stato e di governo per discutere questioni internazionali relative all’ordine finanziario, al commercio internazionale, alle relazioni con i paesi in via di sviluppo, alla cooperazione per il terrorismo internazionale, al traffico di armi, della tutela dei diritti umani e della salvaguardia ambiente.

Le prime esplosioni di violenza durante le manifestazioni dei movimenti no-global si verificarono a Seattle nel dicembre 1999 in occasione della conferenza della Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) ma, a livello nazionale, l’episodio più eclatante si è verificato certamente a Genova, nell’estate del 2001.

Il G8 di Genova si è tenuto da venerdì 20 luglio a domenica 22 luglio 2001, giorno in cui i capi di governo degli otto maggiori paesi industrializzati del mondo si sono riuniti nel capoluogo ligure. In questi giorni i movimenti no-global chiesero alle potenze industriali occidentali di rinunciare alla restituzione dei prestiti da parte dei paesi in via di sviluppo, di adottare una nuova regolamentazione per il commercio internazionale, di limitare l’attività delle multinazionali specialmente nelle regioni più povere del pianeta, di difendere le attività e i sistemi produttivi locali, di lottare contro l’aumento della diseguaglianza mondiale e realizzare una distribuzione più equa.

La scelta di Genova come sede per la riunione del G8 suscitò immediatamente notevoli perplessità sia a causa della topografia della città, che mal si prestava a un evento di tale portata, sia a causa delle forti mobilitazioni di manifestanti no-global contrari alle tendenze economiche neoliberiste. Alle manifestazioni di protesta parteciparono 700 gruppi e associazioni di diversa ispirazione e nazionalità, aderenti o fiancheggianti il Genoa Social Forum (GSF), responsabile dell’organizzazione e del coordinamento delle manifestazioni. Il GSF chiese l’annullamento del G8, un atto illegittimo in quanto il gruppo di potenti avrebbe preso decisioni che avrebbero condizionato i popoli non rappresentati. Tra il 19 e il 22 luglio si verificarono numerosi scontri, avviati da una piccola minoranza di Black Block completamente estranea alle organizzazioni scese in piazza, tra i manifestanti e la polizia: tra questi, ci fu il tragico omicidio di Carlo Giuliani in piazza Alimonda, il quale, insieme all’irruzione della polizia nella scuola Diaz – uno dei centri del coordinamento del GSF – divisero, e dividono tutt’ora, l’opzione pubblica, sollevando seri dubbi sulle garanzie costituzionali dei diritti della persona, sulla tortura e sui metodi utilizzati dalle forze di pubbliche sicurezza in quei deliranti giorni.

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Matteo Machet
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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