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I Trattati di Roma

25 marzo 1957, Roma. È una giornata uggiosa, ma nonostante la pioggia una folla di gente si ammassa di fronte alla piazza del Palazzo dei Conservatori, in Campidoglio. Il motivo è semplice: all’interno di quel palazzo e precisamente al primo piano, nella sala degli Orazi e Curiazi, sono riuniti attorno ad un tavolo i rappresentanti di sei paesi europei (Italia, Francia, Germania dell’Ovest, Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi) pronti a firmare – assieme ai loro sottosegretari agli esteri – lo storico atto di nascita dell’attuale comunità europea: i Trattati di Roma.

I convenevoli spettano al senatore Umberto Tupini, primo cittadino di Roma, che così saluta gli ospiti: «[…] animati da un sano ed illuminato realismo, voi saprete vincere tutte le difficoltà, superare tutti gli ostacoli e preparare all’Europa e all’umanità il secolo dell’unione e quindi della comune prosperità, nel quadro di sicuri, liberi ordinamenti capaci di assicurare ai popoli libertà, giustizia e pace».

Gli antefatti

Gli auguri che il sindaco Tupini rivolge ai ministri delle sei nazioni e alle loro delegazioni nascono dal sogno, condiviso dalla maggior parte dei paesi del continente, di poter vivere in un’Europa che non debba più temere guerre rovinose e disastrosi conflitti interni, un’Europa in cui tutti i cittadini possano vivere nel benessere sociale ed economico e tra loro in accordo ed armonia: insomma, il sogno dell’Europa unita.

Questo sogno inizia a concretizzarsi nel corso degli anni ’50, soprattutto nel momento in cui i sei paesi sopracitati firmano, nel 1951 a Parigi, il trattato che istituisce la Comunità europea del carbone e dell’acciaio (CECA).

Dopo il fallimento, nel 1954, dell’istituzione della CED – la Comunità Europea di Difesa – per la mancata ratifica da parte della Francia, un nuovo passo avanti nel cammino verso l’unità si ha con la conferenza di Messina del 1955, in cui i sei paesi della CECA si pongono come obiettivo la firma di nuovi trattati che stabiliscano la nascita di un nuovo mercato comune europea: in quell’occasione prende avvio il processo che darà vita, quasi due anni dopo, ai cruciali Trattati di Roma.

I nuovi accordi

Nel tardo pomeriggio del 25 marzo 1957, tra le 18 e le 19, il suono d’una campana a festa rimbomba dalla torre capitolina: i due trattati sono stati firmati.

Con il primo trattato vede la luce la Comunità economica europea (CEE), alla quale vengono assegnati due compiti: la creazione di un mercato comune e l’armonizzazione delle politiche economiche nei campi agricolo, dei trasporti, del commercio con l’estero. Gli obiettivi da raggiungere sono diversi: entro 12 anni (15, se si considera il cosiddetto “periodo transitorio”) l’abolizione dei dazi doganali sul commercio all’interno della Comunità, attraverso la progressiva riduzione del loro importo, e l’approdo ad una tariffa doganale unica sull’import dal resto del mondo; entro 4 anni, l’abolizione di ogni restrizione agli export verso i Paesi membri, l’instaurazione di una politica agricola comune e l’organizzazione comune dei mercati agricoli, la libera circolazione dei lavoratori salariati, dei servizi, dei capitali, la libertà di esercizio della professione per i cittadini della CEE in qualsiasi paese membro, la regolarizzazione della concorrenza, la creazione di un fondo sociale europeo per la formazione professionale dei lavoratori e di una banca europea degli investimenti per il finanziamento di progetti di sviluppo economico; infine, l’istituzione di un fondo europeo di sviluppo per le colonie dei Paesi membri.

Il secondo trattato prevede, invece, iniziative comuni su ricerca, rifornimento dei materiali, degli investimenti e degli impianti per la produzione di energia nucleare, la definizione di norme di sicurezza uniformi per la protezione di lavoratori e lavoratrici: a tale scopo nasce la Comunità europea dell’energia atomica (EURATOM).

Sotto il profilo istituzionale, i due trattati prevedono l’istituzione di un’Assemblea unica per le due nuove comunità e quella già esistente (CECA), con sede a Strasburgo e avente funzioni consultive; una comune Corte di giustizia, con sede invece a Lussemburgo; un Consiglio dei ministri per ciascuna delle comunità.

Una Commissione (per ciascuna comunità) sarebbe stata il livello superiore di CEE ed EURATOM, organo indipendente dai governi e avente funzioni propositive, con sede a Bruxelles.

I due trattati entrano in vigore il primo gennaio 1958.

La Cee come motore dell’economica

Gli anni a seguire, per la Comunità, sono caratterizzati da un’importante ripresa dell’economia negli Stati membri, compresa l’Italia, che vive il periodo del boom economico: il PIL raddoppia, così come consistenti sono gli aumenti delle esportazioni (per fare alcuni esempi, l’export oltreoceano di calzature aumenta del 30%, l’export di pelli del 67%, della carta dell’80%, del tabacco di quasi il 150%, per non parlare dell’export di mercurio, che aumenta di più del 200%). Se nel 1958 le esportazioni dei Sei rappresentavano poco più di un quinto del totale mondiale, alla fine degli anni Sessanta esse avevano superato il 28%.

Un percorso più lento e faticoso fu quello che caratterizzò, invece, il progetto di integrazione politica. Nonostante il successo del mercato comune facilitò l’allargamento della comunità con l’ingresso di altri Stati (nel 1972 aderirono alla CEE la Gran Bretagna, l’Irlanda e la Danimarca, nel 1981 la Grecia e nel 1986 il Portogallo e la Spagna), si dovrà aspettare gli anni ’90 per vedere concretizzarsi il sogno che aveva accomunato, decenni prima, Spinelli, De Gasperi, Monnet, Schuman, Bech, Adenauer e Spaak: la nascita dell’Unione Europea, sancita dalla firma del trattato di Maastricht, il 7 Febbraio 1992.

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Matteo Machet
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

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