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Il vertice di Tirana: l’Unione Europea dialoga con i Balcani Occidentali

Il 6 dicembre tutti i leader dell’Unione e della regione arriveranno a Tirana per il vertice Ue-Balcani Occidentali. L'appuntamento segna un notevole cambio di passo nell'importanza che l'UE riconosce alla questione dell'Est.

Quello che si terrà a Tirana, in Albania, il prossimo 6 dicembre rappresenterà il primo vertice in assoluto tra i leader dell’UE e dei Balcani ospitato nella regione dei Balcani occidentali, si tratterà di  un’opportunità per riconfermare l’importanza fondamentale del partenariato strategico tra l’UE e i Balcani occidentali, una regione con una chiara prospettiva europea.

Quali sono i propostiti pre-summit?

Nei propri comunicati stampa le istituzioni Europee delineano una programma da discutere nella sede di Tirana, come prevedibile i primi punti all’ordine del giorno si concentrano sul quadro delle conseguenze scaturite dall’aggressione Russa in Ucraina, sollecitando all’impegno politico e umanitario nella Regione.

Sebbene da Bruxelles preferirebbero non fosse così, la questione calda rimarrà il fenomeno migratorio, i leader procederanno infatti ad uno scambio di opinioni su “come affrontare congiuntamente la gestione della migrazione”, in risposta ai numeri in crescita esponenziale sulla rotta migratoria dei Balcani occidentali. Ciò include l’allineamento sulla politica dei visti dell’UE e la cooperazione sui sistemi di rimpatrio.

 

fenomeno migratorio
numeri dei migranti

Il nodo della crisi Italia-Francia

Il rischio è quello di arrivare a Tirana per fare le fatiche di Sisifo, illudersi infatti che si possa raggiungere una reale intesa sulla questione migratoria, ignorando il seme della discordia germogliato dalla questione Ocean Viking, tra il Governo Italiano e quello Francese, sarebbe pericoloso se non deleterio.

Il Consiglio Europeo tra i ministri dell’Interno dei 27 sarebbe dovuto essere il vertice della riconciliazione, indetto unicamente per ricucire lo strappo creatosi tra Italia e Francia, al contrario invece da Parigi sono arrivate solo intimidazioni e ultimatum, il ministro francese avrebbe dichiarato:«Se l’Italia non prende le barche e non accetta la legge del mare e del porto sicuro non c’è alcun motivo per cui un Paese che debba fare i ricollocamenti, sia Francia o Germania, sia lo stesso che accoglie le imbarcazioni».

Toni davvero poco distensivi quelli arrivati dall’Eliseo, tutt’altro che un preludio alla collaborazione nelle sedi europee chiamate ad affrontare la questione migratoria, in particolar modo se si volesse considerare l’eventualità che Parigi si autoescluda dalla piattaforma di ricollocamento in risposta all’ostinazione del governo Italiano a rifiutare l’attracco alle navi delle ong.

Il piano della Commissione Europea nei Balcani

A partire dai primi giorni di ottobre il gabinetto diretto da Ursula Von der Leyen, ma più precisamente la commissaria Johansson, si sarebbe interessato al preoccupante intensificarsi del traffico migratorio lungo la rotta balcanica, sottolineando come molti de migranti partano da paesi per i quali l’Unione Europea non riconoscerebbe la protezione internazionale, come Tunisia, Burundi o l’India. Sfruttando la possibilità di viaggiare senza visto in Paesi balcanici e di lì tentare di entrare nell’Ue in modo irregolare.

La commissione titolare degli affari interni all’unione europea avrebbe quindi proposto un piano d’azione articolato in tre fasi; in primo luogo la firma di un nuovo accordo Frontex con la Macedonia del Nord che darà la possibilità all’Agenzia Ue di dispiegare squadre sia alle frontiere con l’Unione (Grecia e Bulgaria) sia con gli altri Paesi balcanici extra-Ue (Serbia, Kosovo e Albania).

Il secondo punto prevede l’avvio ad un “partenariato anti-trafficanti con i Paesi dei Balcani Occidentali“. Più concretamente invece il terzo punto prevederebbe l’erogazione di “finanziamenti contro il traffico di esseri umani nella rotta balcanica”, lavorando sull’allineamento della Serbia alla politica dei visti dell’Unione Europea.

La protesta Serba contro L’unione Europea

Alla già frastagliata strada verso una risoluzione del fenomeno migratorio si aggiunge la notizia, giunta a Bruxelles nelle ultime ore, che la Serbia non avrebbe intenzione di partecipare al summit Ue-Balcani occidentali in programma il 6 dicembre prossimo a Tirana.

Lo avrebbe comunicato il presidente Serbo Aleksandar Vucic, stando alle indiscrezioni giunte da Belgrado infatti, la presa di posizione del Presidente sarebbe da intendersi come un segno di protesta alla mancata reazione dell’Unione Europea alla nomina di Nenad Rasicin come nuovo ministro del governo di Albin Kurti in Kosovo, in quanto fervente oppositore della linea politica in Serbia.

Una tale decisione apertamente antiserba da parte di Kurti, ha osservato Vucic, meritava una doverosa condanna da parte della Ue, che però non c’è stata. Hanno scelto “il peggio della gentaglia serba”, persone che, a suo dire, hanno fiducia non nel Kosovo ma in Kurti e nell’Occidente, e “pensano con ciò di spaventare la Serbia” – ha detto il presidente, sottolineando che “nessuno dalla Serbia sarà presente a Tirana il 6 dicembre”. Analoga condanna della decisione di Kurti e della mancata reazione della Ue è giunta dalla premier serba Ana Brnabic.

 

 

Affermare che il fenomeno migratorio sia una sfida fronteggiabile solo come comunità, è un eufemismo; ammettere che migliaia di persone moriranno prima che l’Unione effettui un reale cambio di passo è consapevolezza

 

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