Campo Imperatore (AQ), 12 settembre 1943.
Un reparto di paracadutisti tedeschi sta atterrando nei pressi dell’Hotel Campo Imperatore, nel cuore del massiccio del Gran Sasso, dove è stato tradotto Benito Mussolini dopo l’armistizio dell’8 settembre. È la fase iniziale dell’Operazione Quercia, ed è un successo. La fase successiva prevede lo spostamento dell’ex duce in Germania, a Monaco di Baviera, dove Hitler lo avrebbe incontrato per fargli una proposta: tornare in Italia e creare un nuovo Stato nei territori occupati, antagonista di quello monarchico nel Sud Italia; uno Stato sotto la tutela del Reich – visto che il Führer non si fidava di Mussolini – ma che concorresse nel pagare le tasse e nel reclutare manodopera e soldati per continuare la guerra. Il 23 settembre Mussolini rientrava in Italia e quattro giorni dopo, il 27 settembre, in provincia di Forlì, si teneva il primo Consiglio dei ministri del nuovo Stato, la Repubblica Sociale Italiana.
La Repubblica di Salò
Partiamo dal soprannome che fu dato alla nuova entità statuale: Repubblica di Salò. Perché? Innanzitutto, com’è facilmente intuibile, il nuovo Stato era una repubblica, e questa decisione rispondeva a due motivazioni: la prima è che la monarchia sabauda esisteva ancora nel Regno del Sud, perciò qualunque altra ipotesi monarchica non avrebbe avuto la necessaria legittimazione; la seconda è che così Mussolini poteva recuperare le istanze delle origini del fascismo, le quali infatti si ritrovano nelle linee di azione del ricostituito Partito Fascista Repubblicano. Il nuovo Stato, che comprendeva Roma, aveva il suo baricentro nel Nord Italia, più facilmente controllabile dai tedeschi, ed è qui che furono spostati i ministeri: alcuni a Brescia, altri a Venezia e a Verona. A Salò furono trasferiti il ministero degli Esteri e il Minculpop, dal quale provenivano le comunicazioni del governo: è per questo che fu coniato il soprannome.
Un problema che ha caratterizzato l’interpretazione della RSI è se sia stato o meno uno Stato propriamente inteso, ovvero se fosse riconosciuto dalla comunità internazionale oppure no. Innanzitutto, bisogna dire che la RSI fu uno Stato fantoccio della Germania nazista. Non solo fu una creatura di Hitler a tutti gli effetti, ma lo stesso governo era completamente assoggettato ai tedeschi: tutti gli atti di governo dovevano essere approvati – e spesso vennero modificati – da due consiglieri tedeschi, il generale delle SS Karl Wolf e il plenipotenziario del Reich in Italia Rudolph von Rann. E, anche nella forma, non credo si possa definire la RSI uno Stato, perché fu riconosciuto solo dal Giappone, dalla Germania e dai suoi paesi satelliti. Il Regno d’Italia, in realtà, continuava ad avere il suo ordinamento statale, composto dalla monarchia e dal governo, nel Regno del Sud, sotto la tutela degli Alleati; nel Nord Italia, invece, era riconosciuto, come rappresentante del governo legittimo, il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (CLNAI).
Il Partito Fascista Repubblicano
Come era già stato durante il ventennio nel Regno d’Italia, anche nella RSI fu costituito un partito-Stato, esattamente come era stato il Pnf. Il 14 novembre 1943, a Verona, ci fu il primo congresso del nuovo Partito Fascista Repubblicano, dove venne presentato il manifesto programmatico. Molti furono gli aspetti ripresi dal programma dei Fasci di combattimento del 1919, e ciò dimostra il tentativo di tornare allo slancio rivoluzionario delle origini. Un’operazione politica che, com’era prevedibile, raccolse pochi consensi, perché gli italiani ne avevano già vissuto i tragici sviluppi. Ci fu però chi partecipò con entusiasmo alla nuova esperienza: intransigenti, fanatici, chi era deluso dal voltafaccia della monarchia, il personale amministrativo dello Stato, addirittura alcuni socialisti e comunisti che vedevano nel nuovo programma di Mussolini la realizzazione di alcune delle storiche rivendicazioni del mondo operaio e contadino (l’abolizione del sistema capitalistico, la socializzazione delle imprese, la compartecipazione degli operai agli utili delle aziende, l’espropriazione delle terre incolte). Ancora più particolare è la posizione di alcuni giovanissimi, che presero parte alla nuova esperienza del fascismo repubblicano in protesta contro il malcostume del ventennio e alla ricerca di un “ritorno all’età dell’oro” del fascismo, quella di Piazza San Sepolcro.
A quel congresso non fu solo presentato il nuovo programma del partito. Il primo punto che venne trattato fu quello di punire i “traditori” che avevano votato l’ordine del giorno Grandi: vennero tutti processati sommariamente e condannati, dodici in contumacia e sei sul luogo, ma uno di questi ultimi fu “graziato”, vedendosi trasformata la pena capitale in ergastolo. Il processo si tenne tra l’8 e il 10 gennaio 1944; l’11 gennaio cinque gerarchi, tra cui Galeazzo Ciano, il genero di Mussolini, ed Emilio De Bono, vennero fucilati a Verona.
La Resistenza: una guerra civile?
Durante la sua breve esistenza, la Repubblica Sociale Italiana fu impegnata soprattutto a combattere il movimento di Resistenza che era nato nell’Italia occupata all’indomani dell’armistizio. Le prime formazioni partigiane erano composte da militanti antifascisti e renitenti che non avevano voluto partecipare alla RSI o non si erano voluti consegnare ai tedeschi, e che combattevano i repubblichini e i nazisti con azioni di sabotaggio, attacchi improvvisi, attentati. La formazione di bande è un fenomeno che ha coinvolto tutte le forze politiche antifasciste: i comunisti, inquadrati nelle brigate Garibaldi; i socialisti, organizzati nelle brigate Matteotti; le brigate di Giustizia e Libertà, composte da cattolici, monarchici, militari. Progressivamente, le basi di reclutamento dei partigiani si ampliarono a più ampi strati della popolazione, andando a coinvolgere lavoratori, studenti, intellettuali, donne e, a partire dal 1944, con la formazione nel Regno del Sud di un nuovo governo di unità nazionale guidato dall’ex socialista Ivanoe Bonomi, fu sempre più stretto il coordinamento tra le formazioni partigiane e il CLN – sigla sotto la quale si unirono i partiti antifascisti ricostituiti dopo l’armistizio –, in particolare il CLNAI.
Il principale strumento di risposta degli occupanti tedeschi e dei repubblichini agli attacchi dei partigiani erano le rappresaglie e le stragi di civili – è famoso che i tedeschi, per ritorsione, uccidessero partigiani e civili collaboranti nella proporzione di 10 nemici per 1 tedesco morto. Non esiste praticamente paese del Nord Italia in cui non vi siano state esecuzioni di partigiani e civili: la più famosa, sicuramente, è la strage delle Fosse Ardeatine, avvenuta a Roma il 24 marzo 1944, dove persero la vita 335 tra ebrei, antifascisti e militari fedeli alla Corona, ma altrettanto tragica fu la strage di Marzabotto, consumatasi tra il 29 settembre e il 5 ottobre 1944. Proprio questa modalità di combattimento degli occupanti ha alimentato la principale critica delegittimante nei confronti della Resistenza, che ha ripreso vigore in tempi recenti, ovvero che la colpa per quelle stragi fu proprio dei partigiani, perché se non avessero combattuto contro i tedeschi non ci sarebbero state ritorsioni. È naturalmente una forzatura, che tuttavia riflette bene quanto sia stato e quanto sia ancora divisivo il fenomeno della Resistenza, sul quale, eppure, si fonda la nostra Repubblica e la nostra Costituzione.
Una breve parabola
La vita della Repubblica Sociale Italiana fu davvero breve e, tutto sommato, inutile rispetto al fine per il quale era nata. Molti, infatti, furono i renitenti alla leva che confluirono nelle regioni liberate dagli Alleati e molti decisero di imbracciare le armi contro, invece che a difesa, del nazifascismo, e ciò ebbe ripercussioni sull’evoluzione della guerra. Dalla primavera del ’44 l’azione congiunta del Cln, dei partigiani e dell’esercito Alleato ridava vigore alla liberazione dell’Italia dagli occupanti: in maggio l’esercito angloamericano sfondava la Line Gustav bombardando Cassino; il 4 giugno liberava Roma e l’11 agosto Firenze, dove però era già stata efficace l’offensiva partigiana. Una fase di stallo, e di estrema difficoltà per la Resistenza, si verificò nell’inverno del ’44-’45, ma fu presto superata: nella primavera del 1945 l’esercito alleato sfondò anche la Linea Gotica e penetrò nell’Italia del Nord, mentre il CLNAI proclamava l’insurrezione generale e l’esercito tedesco si ritirava, compiendo le ultime stragi e vendette sui civili.
Il 25 aprile 1945, poco prima di tentare la fuga in Svizzera, Mussolini scioglieva ministri, militari e civili dalla fedeltà alla Repubblica Sociale Italiana, e quattro giorni dopo, il 29 aprile, nella Reggia di Caserta, veniva firmata la resa incondizionata dei tedeschi e dei repubblichini. Un anno e sei mesi dopo la sua creazione, la Repubblica Sociale Italiana cessava di esistere.