La riorganizzazione dei liberali nel secondo dopoguerra

In Italia il Comitato di Liberazione Nazionale (CLN) fu costituito a Roma all’indomani dell’8 settembre 1943 con funzione di coordinamento delle forze antifasciste e di direzione politica della Resistenza. A comporlo, vi erano quei partiti che nel ventennio erano stati costretti a vivere in clandestinità o a sciogliersi, e che ora si erano ricostituiti: il Partito Comunista (Pci), il Partito d’Azione (PdA), il Partito ocialista (Psi), la Democrazia Cristiana (Dc), il Partito liberale (Pli) e la Democrazia del Lavoro (Dl). Rimase fuori il Partito repubblicano (Pri), pur partecipando alla Resistenza, perché alcune forze all’interno del Cln erano a favore della monarchia e del governo di Badoglio. Ogni partito rappresentato nel Cln ebbe le sue formazioni militari partigiane, che in genere erano coordinate dal rispettivo rappresentante nel comitato: le Brigate Garibaldi erano espressione del Pci, le Brigate Matteotti del Psi e le Brigate del popolo della Dc. Anche le liberali avevano le proprie formazioni: le Brigate militari autonome dei partigiani azzurri erano favorevoli alla monarchia e alla classe dirigente liberale prefascista, le brigate Giustizia e Libertà rispondevano al Partito d’Azione e le Brigate Mazzini al Pri.

Nel contesto politico del secondo dopoguerra il suffragio universale, maschile e femminile, influenzò fortemente la politica, sempre più dominata dai grandi partiti-massa, il cui obiettivo era l’inserimento nella vita pubblica delle masse popolari che in precedenza erano state tagliate fuori; le forze liberali tradizionali subirono una progressiva e marginalizzazione. Anche in questo nuovo contesto, comunque, si formò un’area liberal-democratica, essenzialmente laica, composta dal Partito liberale, dal Partito repubblicano e dal Partito d’Azione, che però insieme non superò mai il 15% dei voti.

La politica del secondo dopoguerra

Dal 1944 al 1945, il Cln intraprese una politica di unità nazionale che portò l’Italia fuori dal fascismo e dalla guerra. Nel dicembre del 1945 fu formato a larga maggioranza il primo governo De Gasperi, cui parteciparono tutti i partiti del Cln, che diede vitta all’Assemblea costituente. Dal maggio del 1947, tuttavia, questa politica si infranse, perché comunisti e socialisti vennero estromessi dal governo e passarono all’opposizione. Indette nuove elezioni nel 1948, la Dc scelse come alleati di governo il partito socialdemocratico, quello liberale e quello repubblicano: piccoli partiti, ma senza i quali non avrebbe raggiunto i numeri per avere una maggioranza stabile in parlamento. Il principale obbiettivo in questa prima fase fu quello di evitare una guerra civile e di mantenere le istituzioni democratiche.

I partiti liberali dell’Italia repubblicana

Il  Partito Liberale Italiano fu fondato da Emilio Borzino a Bologna, l’8 ottobre 1922, poco prima della marcia su Roma, e collaborò con il governo fascista fino all’uccisone di Matteotti; ebbe tuttavia vita breve, perché nel 1925 fu messo fuori legge dal regime. Per iniziativa di Benedetto Croce e Luigi Einaudi, il Pli fu ricostituito nel 1943 e fece parte dei fino al 1945, schierandosi per la monarchia nel referendum istituzionale del 1946. Partecipò, successivamente, a tutti i governi di unità nazionale antifascista fino al 1957 e fornì i primi due presidenti alla neonata Repubblica: Enrico De Nicola (1946-48) e Luigi Einaudi (1948-55). Il Pli raccoglieva intorno a sé la gran parte della classe dirigente prefascista, intellettuali come Luigi Einaudi e Benedetto Croce, e godeva dell’appoggio della grande industria e dei proprietari terrieri. Tuttavia, il rapporto tra i leader e la loro base elettorale, di tipo personale e clientelare, che era già entrato in crisi nel primo dopoguerra, peggiorò definitivamente.

Il Partito Repubblicano Italiano era fermamente deciso su quale forma istituzionale l’Italia dovesse darsi. Esso si presentò come l’erede della democrazia repubblicana risorgimentale di Mazzini e di Cattaneo: una sinistra democratica non marxista e anticlericale. Il Pri decise di non far parte del Cln perché i repubblicani, storicamente opposti alla monarchia, non approvarono la scelta del comitato di includere i Savoia tra le forze della Resistenza. Alle elezioni politiche del 1948 il Pri, pur avendo solo il 2,5% dei voti, entrò nella maggioranza di governo, e proseguì negli anni successivi a far parte dei governi presieduti da De Gasperi, dando un contributo decisivo alla linea politica del paese di quegli anni. Personaggio di spicco del partito fu sicuramente Carlo Sforza: già ministro degli Esteri del Regno d’Italia nel 1920, quando firmò il trattato di Rapallo, nel dopoguerra, sempre come ministro degli Esteri si adoperò per l’adesione dell’Italia al Piano Marshall, al Patto Atlantico (4 aprile 1949) e al Consiglio d’Europa (5 maggio 1949), e fu sempre lui, il 18 aprile 1951, a firmare per l’Italia il trattato istitutivo della Comunità europea del Carbone e dell’Acciaio (CECA).

Il 4 giugno 1942, riprendendo il nome che già aveva dato Mazzini a una formazione politica nel 1853, si costituì clandestinamente il Partito d’Azione. Il suo programma era basato su sette punti e collocava il partito al confine tra l’area liberal-democratica e quella socialista: costituzione di una repubblica parlamentare con divisione di poteri liberale; decentramento politico-amministrativo su scala regionale; nazionalizzazione dei grandi complessi industriali; riforma agraria; libertà sindacale; laicità dello Stato; separazione fra Stato e Chiesa. Tra i suoi esponenti vi erano molti intellettuali e antifascisti come Parri, Lussu e Vagliani. Il Partito d’Azione si presentava come una forza moderna, promotrice di ampie riforme sociali e istituzionali, ma questo posizionamento ibrido tra socialisti e liberal-democratici non permise che si creasse azione di una base elettorale solida; cosa che infine portò il partito alla scissione, nel febbraio 1946.

Articoli Recenti

Il superbonus lavoro è un’invenzione giornalistica

Il superbonus lavoro è una sorta di invenzione giornalistica...

La politica fiscale non funziona con i bonus

La politica fiscale del Governo sembra andare avanti a colpi...

La politica italiana alla prova delle riforme

La politica italiana dovrebbe finalmente decidere come affrontare il...

Germania e Israele: Storico accordo per lo scudo missilistico dal valore di 3,5 mld

Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius e il...

Arabia Saudita e Israele: a pochi passi da un accordo di normalizzazione tra i due paesi

Durano ormai da mesi i tentativi di Arabia Saudita...

Russia: confermata la visita del leader nordcoreano Kim Jong Un a Mosca

Fonti ufficiali del Cremlino confermano che la visita sarebbe...

Proteste a Sweida: Il Popolo siriano, portato allo stremo, ripudia al-Assad

Le proteste continuano per una seconda settimana a Sweida,...

Il BRICS espande i propri confini ammettendo 8 nuovi membri

Il gruppo che comprende cinque principali economie emergenti: Cina,...

Guerra in Ucraina: rischio di escalation in seguito all’invio di armamenti francesi a Kyiv

Le azioni della Francia contribuiscono alla "escalation" nella guerra...

Newsletter

Meteo

Roma
cielo sereno
15.6 ° C
16.5 °
13.8 °
47 %
2.1kmh
0 %
Gio
16 °
Ven
17 °
Sab
13 °
Dom
15 °
Lun
16 °
Matteo Machet
Ho 31 anni e vivo a Torino, città in cui sono nato e cresciuto. Sono profondamente affascinato dal passato, tanto da prendere una laurea in storia - ambito in cui mi sto anche specializzando. Amo leggere, la cucina e la Sicilia, ma tra i miei vari interessi svetta il giornalismo: per questo scrivo articoli di storia, politica e attualità.

Altri Articoli

Il superbonus lavoro è un’invenzione giornalistica

Il superbonus lavoro è una sorta di invenzione giornalistica interessante e in un certo senso simile al bonus benzina di qualche settimana fa. La norma...

La politica fiscale non funziona con i bonus

La politica fiscale del Governo sembra andare avanti a colpi di bonus. Certamente mancano le risorse, ma forse anche la visione di insieme. Oggi sono stati...

La politica italiana alla prova delle riforme

La politica italiana dovrebbe finalmente decidere come affrontare il tema delle riforme, mai più che oggi urge una necessaria riforma del fisco, del lavoro...
Exit mobile version