Oggi sono particolarmente emozionata di fronte al ruolo che in questa giornata la sorte mi riserva. In questo mese di ottobre, nel quale cade il centenario della marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista, tocca proprio a me assumere momentaneamente la Presidenza di questo tempio della democrazia che è il Senato della Repubblica. Il valore simbolico di questa circostanza casuale si amplifica nella mia mente, perché — vedete — ai miei tempi la scuola iniziava in ottobre ed è impossibile, per me, non provare una specie di vertigine ricordando che quella stessa bambina che in un giorno come questo del 1938, sconsolata e smarrita, fu costretta dalle leggi razziste a lasciare vuoto il suo banco della scuola elementare. E oggi si trova, per uno strano destino, addirittura sul banco più prestigioso del Senato.
Liliana Segre, presidente provvisorio del Senato, ha deciso di inaugurare con queste parole la prima seduta del Senato della XIX Legislatura.
Il ricordo terribile della sua infanzia si mescola allo strano destino che l’ha portata a questo prestigioso incarico, anche se solo per una volta, negli stessi giorni dell’inizio del suo incubo. Chissà come si sente, la senatrice Segre, sapendo che, molto probabilmente, dovrà cedere la sedia della seconda carica più importante dello Stato a Ignazio La Russa, ex missino che non ha mai negato simpatie per il fascismo – anzi, periodo del quale possiede diversi cimeli, come ha ricordato il disegnatore Alekos Prete in un suo post su Twitter.
Ignazio La Russa presidente del Senato
E infatti, alla fine, è proprio a Ignazio La Russa che Liliana Segre ha lasciato il posto. D’altronde, era da subito il prescelto da Giorgia Meloni e nemmeno gli alleati hanno provato a rivendicare la “poltrona” (salvo un effimero tentativo di Salvini, che aveva proposto il leghista Calderoli).
Ha provato, invece, a far sentire il suo peso Berlusconi, che non ha risposto alla prima chiamata per il voto, così come Forza Italia nel suo complesso, lasciando scheda bianca. Il nodo politico era sulla nomina a ministro di Licia Ronzulli, fedelissima del Cavaliere, il quale alla fine ha dovuto cedere, rispondendo alla seconda chaimata. Non prima, però, di aver indirizzato un “vaffa” a quello che poi ha definito “un caro amico”, cioè proprio per La Russa.
Proprio alla seconda chiamata è arrivato il verdetto definitivo: 116 voti per Ignazio La Russa e Presidenza del Senato ottenuta. Ma con un “giallo”: quasi tutta Forza Italia si è astenuta (18 voti sui 115 complessivi del centro-destra). Chi ha dunque dato i voti necessari al neopresidente? Per ora hanno tutti negato il proprio “coinvolgimento” da Renzi a Calenda a Letta. Forse sarà tutto più chiaro domani, quando, con ogni probabilità, verrà eletto anche il Presidente della Camera dei Deputati.
I papabili alla Presidenza della Camera dei Deputati
Molto più complicata sarà l’elezione della Presidenza della Camera dei Deputati, sia per la procedura (alla prima votazione è necessario ricevere i ⅔ dei voti dei deputati, alla seconda e alla terza i ⅔ delle preferenze dei votanti, dalla quarta in poi la maggioranza assoluta, cioè il 50%+1 dei voti) sia, soprattutto, perché è in questa sede che gli alleati di Meloni proveranno il braccio di ferro con la leader di Fratelli d’Italia.
Le scaramucce, infatti, erano già iniziate nelle settimane precedenti. Inizialmente, Meloni aveva pensato anche di affidare la presidenza di una delle due Camere all’opposizione (idea immediatamente ritirata); poi, vista la ferrea volontà di avere un suo rappresentante a Palazzo Madama, ha ceduto alle richieste di Salvini di avere un suo sodale a Montecitorio. Il nome forte è stato a lungo quello di Riccardo Molinari, capogruppo della Lega alla Camera nella scorsa legislatura, ma nelle ultime ore è uscito a sorpresa quello di Lorenzo Fontana, leghista e parlamentare di lungo corso, nonché vicepresidente della Camera uscente.
La prima votazione, iniziata dopo il discorso del presidente provvisorio Ettore Rosato, non ha dato risultati. Allo stesso modo sono andate a finire la seconda (iniziata alle 14) e la terza (iniziata alle 17), che ha dato ben 357 schede bianche (su 400).
All’opposizione è andata di traverso l’elezione di La Russa al Senato senza i voti di Forza Italia e ha deciso di giocare a carte scoperte per stanare i “traditori”: Letta ha deciso di proporre un candidato unico, in modo da poter fare la “conta” e capire quale è, secondo lui, quella “parte dell’opposizione” che “non aspetta altro che entrare in maggioranza”.
La ripresa dei lavori è fissata per domani mattina, e le premesse sono quelle di una giornata rovente.