Home Politica Italiana Attualità L’immigrazione in Italia

L’immigrazione in Italia

«Oggi siamo quello che siamo, non perché nella preistoria non ci fossero i migranti, ma perché non c’era nessuno a fermarli». Così scrive Stefano Fierli nel suo libro, Il tenente Spritz.

L’uomo è, difatti, un migrante sin dagli albori della sua storia ed è proprio grazie al suo moto che è stata possibile la sua evoluzione: l’invenzione dell’agricoltura, la scoperta dell’utilizzo del bronzo e l’uso e la diffusione del ferro coincidono infatti con tre dei più grandi spostamenti dell’antichità, collocabili rispettivamente 10.000/8.000, 5.000 e 3.000 anni fa. Anche la storia moderna documenta flussi migratori di particolare rilevanza, specialmente a seguito della scoperta del continente americano, verso cui recentemente hanno navigato in massa anche i nostri avi.

Dopo tali considerazioni, sarebbe errato oggi parlare di “emergenza immigrazione”, se non fosse diventato – un fenomeno nato con l’uomo e perciò naturale ed evolutivo – l’eccezione alla regola che l’uomo debba mettere radici in un luogo che, per leggi da lui create, diventa di sua proprietà, se non fisica quanto meno ideologica. Credenza che si pone alla base del nazionalismo moderno.

Il quadro globale

Con il boom economico, il Vecchio Continente, da punto di partenza divenne meta dei grandi flussi migratori, oggi specialmente di popolazioni provenienti dal continente africano e da quello asiatico. Secondo i dati dell’UNHCR, nel 2020 sono state più di 82 milioni le persone in fuga nel mondo tra rifugiati, richiedenti asilo e sfollati interni.

Una delle cause maggiori di migrazione forzata è rappresentata, come è facilmente intuibile, da guerre e conflitti: nel mondo, attualmente, se ne contano più di 30, numero che aumenta sensibilmente se si considerano le situazioni di forte instabilità politica. Fattori concomitanti sono le disuguaglianze economiche, la difficoltà di accesso a risorse fondamentali come quelle idriche e alimentari. Inoltre, è sempre più significativo il numero di persone costrette ad abbandonare la propria abitazione a causa di catastrofi naturali o carestie.

Delle decine di milioni di profughi attuali, la maggior parte proviene solamente da tre paesi: Siria, Afghanistan e Sud Sudan. Un’altra fetta importante proviene invece dal Corno d’Africa, dove i somali fuggono da una devastante guerra civile ed eritrei ed etiopi da regimi dittatoriali, fame e conflitti. Sempre in Africa, fughe da altri paesi come Nigeria, Senegal, Costa d’Avorio, Gambia, Mali, Sudan sono dovute a estrema povertà o violazioni dei diritti umani. Altri luoghi dall’alto flusso migratorio in uscita sono quelli del Medio Oriente come Iraq, Gaza, Pakistan, interessati dai conflitti più attuali e che sembrano non voler ancora trovare pace.

Le politiche migratorie in Europa e in Italia

Sulla base della motivazione che hanno spinto la persona a spostarsi e cercare ospitalità in un paese diverso dal suo, esistono diverse categorie e differenti leggi a tutela di ognuna di esse.

Il termine “migrante”, in via generica, indica colui che si sposta volontariamente dalla propria nazione per cercare condizioni di vita migliori, soprattutto a livello economico.

Il termine “rifugiato”, invece, secondo la Convenzione di Ginevra del 1951, si riferisce a colui che «temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che, non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti, non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra». Egli è perciò considerato un perseguitato.

Con “richiedente asilo”, figura intermedia, si indica la persona che, dopo aver lasciato il proprio paese, chiede di essere riconosciuto come rifugiato o che gli venga riconosciuta la protezione internazionale.

La Convenzione di Ginevra del 1951, sopra citata, ha introdotto nei 144 paesi firmatari (inclusa l’Italia) lo status di rifugiato e ha stabilito che nessuno di essi può essere respinto verso un Paese in cui la sua vita o la sua libertà possono essere minacciate.

Nel 1990, i 12 paesi della Comunità Europea firmarono la Convenzione di Dublino, che stabilisce che i rifugiati possono chiedere diritto di asilo solo nel paese di entrata, ma non ne definisce i criteri, stabiliti in maniera diversa da ogni paese. Nello stesso anno, in Italia entrò in vigore la legge Martelli, con la quale veniva abolita la riserva geografica per i richiedenti asilo non europei e veniva stabilita anche la disciplina del riconoscimento dello status di rifugiato.

Nel 1998 Oscar Luigi Scalfaro firmò la legge ex Turco-Napolitano, un testo unico che disciplinava l’immigrazione regolare e quella irregolare e introduceva la possibilità per un migrante economico che non possedeva documenti di essere definito clandestino ed essere espulso.

Nel 2002, come modifica al Testo Unico, venne varata la legge italiana 189/2002 Bossi-Fini, che stabiliva che a ottenere un permesso di soggiorno sul territorio italiano era solo colui che aveva un lavoro; istituiva il reato di clandestinità e prevedeva l’espulsione mediante accompagnamento coattivo alla frontiera per colui che non aveva il permesso di soggiorno; ammetteva il respingimento in mare in acque territoriali e inaspriva le pene per i trafficanti di migranti.

Nel 2016, secondo gli accordi tra UE e Turchia, l’Europa stanziò tre miliardi di euro destinati a gestire in modo più efficace l’emergenza rifugiati siriani in Turchia. L’accordo stabiliva inoltre che per ogni migrante irregolare restituito dalla Grecia alla Turchia, quest’ultima ne ricollocasse uno dal proprio territorio in Europa (meccanismo one to one).

Nel 2018 l’Italia siglò con la Libia un secondo accordo (il primo è del 2008, firmato da Gheddafi e Berlusconi), che prevedeva aiuti economici da parte dell’Italia per un controllo più serrato delle partenze dalle coste libiche.

Sempre del 2018 è poi il Decreto sicurezza del ministero di Salvini, il quale modificava e inaspriva le regole sull’immigrazione in Italia. Il decreto, dopo aver subito delle modifiche, diventò legge nel 2020: esso disciplinava temi come la protezione umanitaria (che diventò “protezione speciale”), l’espulsione e il rimpatrio, il soccorso in mare, la registrazione anagrafica, i Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr), il sistema di accoglienza Sprar/Siproimi e la Cittadinanza.

Attualissimo è infine un “patto per le migrazioni”, accordato dall’Unione Europea, che riguarda la ricollocazione dei migranti all’interno dei Paesi membri, basato su quote.

La rotta mediterranea – destinazione Italia

L’Italia, per la sua posizione geografica, rappresenta chiaramente uno dei maggiori punti di approdo per coloro che riescono a lasciare le coste africane alla volta dell’Europa. Seppure gli sbarchi di immigrati sul suolo italiano siano continui dagli anni ’70, negli ultimi decenni il fenomeno si è intensificato a tal punto da essere considerato, a livello economico, politico e anche sociale, un’emergenza.

Tra il 2008 e il 2013, con il picco a partire dal 2011, sono stati registrati gli sbarchi più consistenti, con 63.000 persone nel 2011 e 43.000 nel 2013. Questo incremento coincide in effetti con il periodo di rivolte estese nel mondo arabo nel 2011, che hanno interessato paesi come Tunisia, Egitto, Algeria, Libia, fino a toccare anche i paesi del golfo Persico. Questa stagione di proteste è nota come “primavere arabe”. Dal 2014 al 2017 una nuova ondata travolse l’Italia, che arrivò ad accogliere in 4 anni oltre 600mila migranti.

Il sistema di accoglienza in Italia si basa attualmente su vari steps: i cittadini stranieri che sono soccorsi in mare o sono entrati in modo regolare sul territorio italiano vengono inizialmente accolti presso hotspot governativi localizzati nei punti di sbarco o di ingresso nel Paese per l’assistenza sanitaria e la pre-identificazione, con fotosegnalazione; i migranti economici vengono avviati ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) oppure lasciati irregolari sul territorio, mentre i richiedenti asilo vengono trasferiti in Centri di prima accoglienza (Cpa), dove viene avviata la richiesta di asilo; sia i richiedenti asilo che i titolari di protezione vengono poi inseriti nel Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), gestito non più a livello locale ma a livello centrale.

Uno degli scogli più grossi da superare per un migrante africano è sicuramente il viaggio: due momenti cruciali sono l’attraversamento del deserto e l’attraversamento del Mediterraneo. Per quanto riguarda la navigazione, in particolare, è dilagante il fenomeno del traffico dei migranti dalle coste libiche. Diverse ONG sono impegnate, con le proprie imbarcazioni, a coadiuvare i recuperi e il salvataggio dei naufraghi, spesso lasciati alla deriva dalle imbarcazioni libiche. Solo negli ultimi nove anni, nel Mediterraneo sono state documentate più di 18.000 morti dovute ai naufragi.

Simbolo della tragedia dei migranti è il naufragio – avvenuto la notte del 3 ottobre 2013 – di un’imbarcazione con a bordo circa 600 persone al largo dell’Isola dei conigli, nelle acque di Lampedusa. Di tutti i passeggeri, solo 155 furono i superstiti: 20 risultarono dispersi, mentre 368 furono i cadaveri recuperati. In ricordo di quel giorno, il Parlamento italiano, nel 2015, ha scelto simbolicamente la data del 3 ottobre per celebrare la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

Exit mobile version