È una grigia mattina del 1847. Il cielo sopra i coppi delle manifatture tessili inglesi di Manchester è cupo e severo, non fa trapelare il sole dalle finestre affacciate sulle vie della città. Migliaia di mani operose tessono i filati di cotone. Sono le mani di operai e operaie che animano questi immensi ventri produttivi. Dall’America parte l’arteria che fa scorrere il sangue vitale fonte di vita di questi immensi animali meccanici, i nuovi telai industriali.
Tra il trambusto dei telai, masticatori instancabili di cotone, Manchester è diventata il cuore pulsante della seconda delle rivoluzioni che hanno cambiato il modo di produrre. La seconda rivoluzione industriale sta cambiano anche gli uomini e diventano laboratorio per chi sa osservare questo nuovo mondo. Sono due nuove classi sociali, borghesia e proletariato, a far sentire i loro vagiti.
I primi venuti al mondo fanno sentire con più forza la loro voce, i secondi non sono ancora consapevoli di aver visto la luce, piegati dal duro lavoro non hanno ancora preso coscienza di sé stessi. “Proletari di tutto il mondo unitevi, non avrete che da perdere le vostre catene”, il nuovo mondo ha un nuovo uomo ed è l’uomo socialista. L’uomo partorito da queste poderose nuove forze economico/industriali è senza una volontà; agisce senza sapere d’essere predestinato. Il suo destino è tra le righe che un anno dopo vengono scritte da due giovani. I più perspicaci osservatori di questa realtà sono due filosofi. Engels e Marx provengono da quella classe che si è fatta promotrice di un cambiamento radicale del mondo, la borghesia. Sono filosofi di un nuovo tipo, dalla contemplazione del mondo passano all’azione. Tra tutti coloro che guardano il mondo della borghesia colgono gli elementi principali del cambiamento. Engels è figlio di un proprietario di filande di cotone nato nell’attuale Wuppertal in Renania, Marx di un avvocato ebreo di Treviri. Sono entrambi tedeschi ed entrambi interessati alla questione sociale. Dal loro incontro nascerà un pensiero nuovo che si fa portatore di vecchie lotte, il socialismo scientifico.
Socialismo, radici e storia di un pensiero vivo
L’idea di socialismo non nasce con Marx ed Engels ma ha radici storiche antecedenti. È sui selciati parigini che si formano le idee politiche che hanno come oggetto politico gli ultimi, coloro che vivono ai margini della società. La Rivoluzione francese è una rivoluzione borghese, sancisce la vittoria della borghesia contro l’ordine feudale. Questo seme però non è maturo per germinare ha bisogno che la nuova classe della borghesia cambi il modo in cui si producono le merci e che porti a compimento la creazione di una società basata sul capitale. È lo stesso Marx che nel “Manifesto del Partito Comunista” ci mostra tutti i socialismi venuti prima del socialismo scientifico: il socialismo feudale, il socialismo conservatore o borghese, il socialismo e comunismo critico-utopistico per giungere a socialismo scientifico, matrice di quella cultura che formerà la base teorica dei grandi partiti socialisti e comunisti. Socialismo e comunismo per come gli intendiamo oggi hanno nelle teorie di Marx ed Engels i padri fondatori. Quali sono però i punti cardine del pensiero socialista? Sono il superamento delle classi sociali, l’emancipazione delle classi lavoratrici attraverso l’abolizione della proprietà privata intesa nel concetto borghese del termine, il capitale. Proprietà che nella maturazione del pensiero socialista viene descritta come “quella proprietà che sfrutta il lavoro salariato”.
Il Comunismo e non è Socialismo
Il socialismo scientifico è la maturazione di una maggiore coscienza delle condizioni storiche e della lotta tra differenti soggetti sociali. Lo stesso Marx scrive “I comunisti non sono un partito particolare di fronte agli altri partiti operai. I comunisti non hanno interessi distinti dagli interessi di tutto il proletariato. I comunisti non pongono principi speciali sui quali vogliano modellare il movimento proletario.” Ma aggiunge “I comunisti si distinguono dagli altri partiti proletari solo per il fatto che da una parte essi mettono in rilievo e fanno valere gli interessi comuni, indipendenti dalla nazionalità, dell’intero proletariato, nelle varie lotte nazionali dei proletari; e dall’altra per il fatto che sostengono costantemente l’interesse del movimento complessivo, attraverso i vari stadi di sviluppo percorsi dalla lotta fra proletariato e borghesia.” Su questa differenza la scissione e la formazione dei Partiti Comunisti, da quello Francese a quello Italiano, genereranno due distinti percorsi. Nell’azione politica e nelle modalità del raggiungimento degli obbiettivi del socialismo i due partiti del proletariato si scinderanno. In Italia sarà con il XVII Congresso del Partito Socialista Italiano a Livorno nel 1921 a formarsi il PCI e il PSI continuerà la sua corsa parallela e antagonista a tratti. Il caso italiano non è sostanzialmente diverso dalle varie scissioni che nascono dentro gli altri partiti socialisti europei. Un anno prima della scissione del PCI si era formato il Partito Comunista Francese e prima ancora era nella scissione del Partito Operaio Socialdemocratico Russo che nasce il Partito Bolscevico con a capo Lenin. Così da queste scissioni oggi possiamo parlare di due realtà politiche differenti ma che hanno nella loro formazione una radice comune.