Dall’esperienza del New Deal, guidata dal presidente degli Stati Uniti Franklin Delano Roosevelt, il liberalismo si trasformò in quello che sarebbe poi stato chiamato liberal. Diversamente dalla teoria economica classica del XIX secolo, che prevedeva la negazione dello Stato nel mercato, negli anni ’30 anche gli USA si trasformarono in uno Stato corporativo senza, tuttavia, abbandonare la propria politica e le proprie istituzioni liberali e democratiche. Grazie alle nuove teorie economiche di John Maynard Keynes si impose il compito allo Stato di accrescere il volume della domanda effettiva manovrando la spesa pubblica e abbandonando il mito del pareggio di bilancio.
Questo era il tipo di liberalismo che la Repubblica Italiana si trovò a dover governare. Per circa trent’anni, dal 1945 al 1973, si assistette in tutto l’Occidente al Compromesso Socialdemocratico, ovvero un accordo tra classe dirigente, grande industria e sindacati degli operai sulla creazione di una solida e larga classe media e di uno Stato assistenzialista. Il suffragio universale venne esteso anche alle donne e si applicarono i diritti civili, politici e, per la prima volta nella storia, anche quelli sociali. Nacque quella forma politica che oggi, semplificando, chiamo democrazia.
Gli anni del centrismo e l’opposizione al centro-sinistra
Per tutta la Prima Repubblica i partiti laici liberali si allearono con la Democrazia Cristiana (Dc), il partito-massa cattolico erede del Partito popolare di don Luigi Sturzo. Questa conversione derivò sia dalla esigenza pratica di formare una maggioranza per governare, in opposizione al Pci, sia da una trasformazione del liberalismo classico.
Alle elezioni del 18 aprile del 1948 la Dc, avendo attirato l’elettorato moderato, ottenne il 48,5% dei voti e la maggioranza assoluta dei seggi alla Camera. Questa vittoria decretò quale sistema economico e quale collocazione internazionale l’Italia dovesse prendere negli anni a venire, e un ruolo di primo piano lo ebbero le forze liberali perché occuparono stabilmente i ruoli di governo in ambito economico: sia il ministero del Tesoro negli ultimi tre governi del Regno d’Italia (Bonomi, Parri, De Gasperi), sia nel quarto governo De Gasperi, quando a presiedere il ministero del Bilancio fu Luigi Einaudi.
Gli anni dal 1948 al 1960 furono gli anni del centrismo, quelli in cui la Dc governò insieme ai i partiti laici minori, come il Partito liberale (Pli) e il Partito repubblicano (Pri), e a un partito di centro-sinistra come il Partito Socialista Democratico Italiano (Psdi). La politica di questo periodo si distinse per un moderato riformismo: mise in atto la riforma agraria e istituì la Cassa per il Mezzogiorno, che si poneva l’obbiettivo di mettere in moto lo sviluppo economico e civile attraverso sia il finanziamento statale alle infrastrutture, sia agevolando il credito alle industrie locali. Nell’imminenza delle elezioni del 1953, dopo una violenta battaglia parlamentare, fu approvata la cosiddetta “legge truffa”, legge elettorale che correggeva il sistema proporzionale puro con un forte premio di maggioranza – il 65% dei seggi alla Camera all’alleanza che avesse ottenuto il 50% più uno dei voti. In questo modo poté nascere un nuovo governo, presieduto ancora da De Gasperi, composto ancora da Dc, Psdi, Pli, Pri.
Gli anni ’60 furono il periodo del centro-sinistra. Nel marzo del 1962, Fanfani fu a capo di un governo d’alleanza, senza il Partito liberale ma sostenuto dal Partito Socialista Italiano (Psi), il quale però non ottenne alcun ministero. In opposizione a questa virata verso sinistra dei suoi alleati, il Pli si stabili all’opposizione con 17 seggi alla Camera e 5 al Senato. Questo atteggiamento del Pli continuò per tutto il decennio e ancora fino alla metà degli anni ’70, periodo segnato da una grave crisi politica, economica e sociale.
Gli anni del pentapartito e la crisi della Prima Repubblica
Gli anni ’80 furono gli anni del cosiddetto pentapartito, un’alleanza tra Democrazia cristiana, liberali, repubblicani, social-democratici e il sempre più influente Partito socialista che, sotto la guida di Bettino Craxi, formò un governo, il primo socialista della storia repubblicana, dal 1983 al 1986. Tuttavia, questa nuova alleanza politica, a causa della sua maggioranza molto composita, era logorata da una forte instabilità e da forti polemiche interne sul piano della politica internazionale o su questioni nazionali, come la giustizia e la politica energetica. Le elezioni nel giugno 1987 dimostrarono tutta la precarietà della Prima Repubblica: la Dc ottenne il 34% dei voti, il Pci il 26%, il Psi il 14% e il Pli solo il 2%. In questo contesto, prima dei fatti di Tangentopoli, si affermarono nuovi gruppi estranei ai partiti tradizionali: i Verdi e la Lega lombarda, che riuscì a ottenere un seggio al Senato. In questo contesto, la crisi della classe dirigente che fino a questo momento aveva guidato la politica italiana, stava già muovendo i primi passi verso il crollo definitivo.