Palermo. 12 gennaio 1848.
Il cielo, in Sicilia, è magico. La linea leggera che lo separa dal mare all’alba, alcune volte sembra svanire. Un’unica distesa di colori pastello che lascia senza fiato.
Questa mattina, però, l’attenzione è altrove. Alle colline che circondano Palermo. Alle borgate. Il verde scuro della vegetazione è puntellato da piccole scintille, rosse e gialle. Sono le torce delle squadre, pronte a calare in città. Sono i fuochi della rivoluzione.
Da qualche giorno, sui muri di Palermo sono affissi manifesti, e nelle sue strade circolano volantini e opuscoli. Senza mezzi termini, inneggiano alla ribellione.
Ferdinando tutto ha sprezzato, e noi, Popolo libero, ridotto nelle catene e nella miseria, tarderemo ancora a riconquistare i nostri legittimi diritti? All’armi, figli della Sicilia! […] Il giorno 12 gennaio 1848, all’alba, segnerà l’epoca gloriosa della nostra universale rigenerazione!
Il 12 gennaio non è una data casuale. Come in una sorta di contrappasso. È il genetliaco di Ferdinando II, re delle Due Sicilie. Colui che rappresenta e condensa in sé tutti i motivi di risentimento e di rabbia nei siciliani. Che sono antichi. Risalgono alla Restaurazione. All’unione della Sicilia al Regno di Napoli. All’umiliazione di perdere l’autonomia e di essere subordinati ai napoletani. Alla povertà diffusa tra gli strati bassi della popolazione. Proprio le masse popolari diventano le nuove protagoniste sulla scena politica: artigiani e operai nelle città, contadini nelle campagne richiedono, scendendo in piazza, non solo maggiore partecipazione politica, ma anche miglioramenti nelle delle loro condizioni di vita. Obiettivi politici e obiettivi sociali.
È su questi focolai che soffia il movimento autonomista e rivoluzionario. A guidare la rivoluzione, ci sono Rosolino Pilo e Giuseppe La Masa, che avranno un ruolo di primo piano nella spedizione garibaldina del 1860.
All’alba del 12 gennaio 1848, Palermo insorge. Si riempie di barricate. Si combatte di fronte alla Cattedrale, davanti a Palazzo d’Orléans, sotto Porta Nuova. Le squadre irrompono in città e cacciano i presidi borbonici. Ferdinando II è costretto a cedere, e il 29 gennaio concede la Costituzione.
È l’inizio dei moti del ’48. La “primavera dei popoli“. Un movimento rivoluzionario che si espanderà da Palermo all’Europa intera: Parigi, Vienna, Budapest, Venezia, Milano, Berlino. E che porterà gli Stati italiani ad adottare costituzioni liberali. Il 15 febbraio Leopoldo II emana la Costituzione al Granducato di Toscana. Il 4 marzo è Carlo Alberto a concedere lo Statuto Albertino ai piemontesi. Persino il pontefice, Pio IX, dà allo Stato pontificio una costituzione. Il 22 marzo, a Milano, al termine delle “Cinque giornate”, viene nominato un governo provvisorio. Il giorno successivo, a Venezia, il governo provvisorio proclama la Costituzione.
I risultati del ’48 non dureranno a lungo. Il Piemonte di Carlo Alberto – che poi abdicherà a favore del figlio, Vittorio Emanuele II – viene sconfitto dagli austriaci nella Prima guerra d’indipendenza. L’impero asburgico poté restaurare l’ordine nel Lombardo-Veneto e in Sicilia. Ad abbattere la Repubblica romana, l’ultima “figlia” dei moti del ’48, ci penserà la Francia del presidente Bonaparte, il futuro Napoleone III.
Ma il volto dell’Europa, da quell’anno, non sarà più lo stesso.