Home Politica internazionale Turchia: La fiamma della Democrazia arde ancora ad Ankara

Turchia: La fiamma della Democrazia arde ancora ad Ankara

Se le elezioni non vengono anticipate, la Turchia andrà alle urne nel giugno 2023 per eleggere sia il presidente che il parlamento. Anche se può sembrare un processo normale visto da questa prospettiva, alcune dinamiche nel Paese fanno sì che queste elezioni potrebbero porre fine al periodo in cui il Partito per la giustizia e lo sviluppo (AKP) ha governato attraverso varie coalizioni non ufficiali. Questo li rende cruciali. Erdogan sembra al punto più debole della sua carriera politica.

Recep Tayyip Erdoğan
Recep Tayyip Erdoğan

Significative rivolte popolari hanno investito la capitale Turca negli ultimi giorni, in risposta all’ennesima violazione dello stato di diritto perpetrata dall’amministrazione del presidente Tayyip Erdogan.

Le rivolte in supporto del condannato Ekrem Imamoglu

Domenica 18 giugno 2023 il popolo turco verrà chiamato alle urne per riconfermare o sostituire il Presidente in carica Recep Tayyip Erdogan, il Presidente non ha mancato di far parlare di se durante tutti i suoi mandati.

Dittatore, fascista e pericoloso, questi gli appellativi affibbiatogli dagli osservatori internazionali, e a buon ragione; l’arresto, la condanna e l’interdizione politica del suo principale avversario alle prossime elezioni, Ekrem Imamoglu, non fanno che aggravare l’immagine già precaria del Presidente Turco.

Ekrem Imamoglu è un esponente del Chp, il principale partito di opposizione, nonché sindaco di Istambul, è considerato un potenziale sfidante del presidente Recep Tayyip Erdogan alle elezioni nazionali in programma tra cinque mesi.

Imamoglu, che attenendosi ai sondaggi  avrebbe probabilmente “destituito” Erdogan dalla presidenza è stato condannato a più di due anni e mezzo di carcere per oltraggio a pubblico ufficiale, a causa del termine “pazzi” adottato dal sindaco in un discorso pubblico, in riferimento proprio ad alcuni funzionari pubblici. La sua condanna, se non annullata, lo escluderebbe dalla partecipazione al concorso presidenziale.

Su Twitter ha chiesto ai suoi concittadini di mostrargli sostegno davanti al suo ufficio. Imamoglu vinse le elezioni municipali ad Istanbul nel 2019, ponendo fine a dominio di 25 anni dell’Akp. In una intervista televisiva avvenuta prima della sentenza, il sindaco si è detto certo che il presidente Erdogan sarà candidato per l’ultima volta perché “destinato a perdere”.

“Faremo in modo che chi ha cercato di condannarci se ne pentirà alle urne”, ha detto a caldo Imamoglu subito dopo la condanna. “Questa decisione è la prova che non c’è più giustizia in Turchia”, ha aggiunto, chiamando a raccolta i suoi sostenitori, che si sono presentati a centinaia fuori dall’edificio del comune. “Non mi fanno paura e non mi arrendo”, ha aggiunto il sindaco di Istanbul, denunciando “lo schiaffo alla democrazia” arrivato con questa sentenza, che però non è definitiva.

Il tentativo disperato di Erdogan

In risposta alle crescenti tensioni interne a Istanbul, Recep Tayyip Erdogan ha annunciato in questi giorni un nuovo pacchetto di riforme che ha dell’incredibile, sebbene l’aggettivo più corretto da usare sarebbe “insostenibile“.

Tra le novità che fanno più discutere gli economisti turchi primeggia la rivoluzione dell’intero comparto pensionistico vigente in Turchia; in particolare viene abolito il requisito minimo di età per andare in pensione: significa che i turchi non dovranno più attendere di raggiungere l’età pensionabile, attualmente 58 anni per le donne e 60 per gli uomini, ma basterà aver maturato tra i 20 e i 25 anni di contributi versati.

Gli effetti nel breve termine non mancheranno a farsi sentire, in effetti secondo le prime stime la misura darebbe a oltre 2 milioni di turchi la possibilità di andare subito in pensione, gravando sulle casse dello stato per oltre 100 miliardi di lire turche all’anno (circa 5 miliardi di euro).

Un chiaro tentativo per Erdogan di strizzare l’occhio alla classe operaia tanto bistrattata durante tutti i suoi mandati, la questione sociale è sempre stata un tallone d’Achille per il primo ministro Turco, Tayyip Erdogan tuttavia potrebbe aver fatto il passo più lungo della gamba. Come nel resto del mondo anche in in Turchia si assiste ad un costante invecchiamento della popolazione, fenomeno che comporterà un parallelo aumento dei costi necessari a far fronte alla generosa manovra pensionistica.

Il fronte del sindaco di Ankara Mansur Yavas

Il sindaco metropolitano di Ankara Mansur Yavas, da sempre presentato nei sondaggi come il candidato che può vincere facilmente contro Erdogan, è stato un po’ più cauto di Kilicdaroglu e Imamoglu sulla sua candidatura.

Il più grande vantaggio di Yavas risiede nella affidabilità riconosciutagli dal popolo turco, che lo considera onesto e trasparente, ha amministrato in modo trasparente i lavori pubblici di Ankara e il processo di appalto.

Non è chiaro tuttavia cosa ci si possa aspettare da una ipotetica vittoria di Yavas alle prossime elezioni, quali sia la sua visione sul ruolo che la Turchia vorrà ricoprire nel quadro internazionale; ritornando ad oggi invece l’ostacolo da superare rimane l’avversario Erdogan.

La domanda è fino a che punto il sindaco della capitale sarà in grado di sostenere una campagna elettorale contro ErdoganMansur Yavas non gode infatti di una solida popolarità nel resto del paese per fronteggiare il Presidente, senza considerare poi l’importanza del sostegno del movimento Curdo alla sua ipotetica candidatura.

Il background nazionalista di Yavas rischia di troncare le gambe alla campagna elettorale del sindaco di Ankara ancor prima che cominci, il primo cittadine della capitale infatti, fiero delle proprie origini politiche, esporrebbe ancora i quadri del partito nazionalista (MHP) negli uffici pubblici; l’ostinazione a non voler abbandonare il passato rischia di indurre il movimento politico Curdo a prendere le distanze da Yavas.

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